
Nel 1839 il fotografo Robert Cornelius fu in grado di produrre un dagherrotipo di sé stesso, diventando la prima persona a farsi un selfie.
Il termine selfie è entrato nel gergo comune nel 2002, anno in cui i telefoni con fotocamera hanno iniziato ad esser maggiormente diffusi. Oggi, è impossibile andare online senza vedere qualcuno che conosciamo postare una fotografia di sé.
Perché i selfie si sono diffusi così tanto?
Ho una teoria. Non c’è un pulsante “non mi piace” su Facebook. Neanche su Instagram. E se volessimo esprimere un “non mi piace” su Twitter dovremmo rispondere alla persona con un’affermazione negativa.
La strutturazione dei nostri social media è tale che possiamo postare qualcosa al nostro gruppo di amici, come una foto di noi stessi, con l’aspettativa più o meno nascosta di ricevere ondate di feedback positivi sotto forma di likes, commenti, condivisioni e cuoricini.
In questo network basato sul cloud abbiamo costruito una fortezza impenetrabile di rinforzi positivi.
Sono contrario al sentirsi riconosciuti?
Certo che no. Ma le persone che postano foto su foto di loro stessi non sono sempre le più sicure. Vedo qualcuno che lo fa e penso “Oh, si basano davvero sulla validazione esterna.” Dietro a questo c’è (in verità) un pensiero giudicante, “Oh, chissà quanto davvero si amano”.
Nel mio ultimo libro, “Cammina come un Buddha”, dedico un’intera sezione al Buddhismo, l’amore e le relazioni. In questa sezione mi occupo di dieci domande che le persone mi hanno posto nel corso del tempo, spaziando da “Come posso lavorare con la solitudine?” a “Qual è l’approccio Buddhista per gli appuntamenti online?” a “Come curo il mio cuore nel bel mezzo di una rottura amorosa?”. Alla base di queste domande, come della pletora che ricevo dai lettori tutte le settimane, si trova una domanda molto più semplice:
“Come posso essere a mio agio con me stesso, come sono proprio ora?”
Che stiamo cercando l’amore, o stiamo faticando con una relazione a distanza o stiamo tentando di curare un cuore spezzato, c’è una certa dose di malessere. Abbiamo speso anni, ciascuno di noi, per abituarci a gestire questo malessere. Beviamo, usciamo con più persone, facciamo shopping, postiamo selfies. Tutto ciò per farci stare bene con noi stessi.
Da una prospettiva Buddhista, non saremo mai davvero a nostro agio.
Anche trovando un partner meraviglioso, la relazione potrebbe cambiare, finire in una rottura o semplicemente con la morte. Se invece pensiamo di lavorare per avere agio e stabilità, non ne troviamo molta nella situazione economica attuale. Se ci buttiamo sulla tecnologia per lo stesso motivo, ho cattive notizie: ci sarà sempre qualcosa di più tecnologico che ci farà sentire arretrati.
Le cose cambiano, ragazzi. L’impermanenza è parte della natura della realtà.
È quello che ha insegnato il Buddha, non perché fosse un gran filosofo, ma perché è come stanno le cose e lui fu in grado di vederlo.
Ma tutto questo cosa centra con l’amore verso sé stessi?
Nella mia esperienza, nei momenti di maggior malessere, quei momenti in cui ho perso persone care, ho affrontato terribili rotture, o sono stato molto malato, sono stati i momenti in cui ho dovuto guardare la mia abilità di amare.
Ho dovuto contemplare cosa volesse dire amarmi, anche se non ero quello che avrei voluto essere in quel momento. In queste occasioni, nessun selfie sarebbe stato in grado di salvarmi. Non potevo cercare una validazione esterna. Stando sdraiato sul letto, sopraffatto dalle emozioni, mi sono posto la stessa domanda di prima:
“Come posso essere a mio agio con chi sono, proprio ora?”
Per me c’è stata una sola risposta. Ho meditato.
Mi sono seduto sul cuscino e ho praticato la meditazione del calmo dimorare. Una delle parole per tradurre meditazione in Tibetano è gom, che significa “prendere familiarità con”. Attraverso la pratica di tornare al respiro, più e più volte, ho imparato a notare come funzionasse la mia mente. Ho preso familiarità con la mia mente, e quindi ci sono diventato amico. Il mio insegnante, Sakyong Mipham Rinpoche, ha scritto un’ottima guida al riguardo “Trasformare la mente in un alleato”.
Attraverso la meditazione impariamo a far pace con la nostra mente. Impariamo a non scontrarci più così tanto con chi siamo. Impariamo ad abbracciarci come siamo, nel momento. Questo è il potere della meditazione, è questo che intendo per amore verso sé stessi.
La prossima volta in cui vi sentite a disagio, osservate la vostra mente. Le relazioni e gli appuntamenti danno un’ampia gamma di reazioni emotive. Non scappate da esse. Restate semplicemente con quello che state provando. Dimorate con quello che siete. Praticate l’amore verso voi stessi.
Articolo originale: https://www.elephantjournal.com/2014/02/selfies-self-love-getting-to-know-discomfort/
© Lodro Rinzler Traduzione: Niccolò Gorgoni Foto di ©ZR