
Ci sembra una regola di buona educazione essere gentili con gli altri. Anche se pensiamo che la gentilezza vada meritata, ci impegniamo per iniziare le nostre telefonate, i nostri contatti, con gentilezza. Sappiamo che è una garanzia della qualità dello scambio e dell’interesse altrui.
A volte pensiamo che la gentilezza sia un atto di debolezza, forse perché sappiamo quanto paura si nasconde dietro alla durezza e alla sfida. In ogni caso può sembrarci insolito rivolgerla a se stessi senza cadere nell’autocompiacimento o nell’indulgenza.Preferiamo chiudere gli occhi alla nostra ostilità nei confronti di noi stessi e rimproverarci in silenzio.
Eppure la gentilezza è il segnale che fa abbassare le nostre difese, ci rende più aperti e disponibili, anche nei nostri confronti. Se abbiamo un dialogo interiore aspro o duro reagiamo difensivamente come se queste parole provenissero dall’esterno e, alzando le nostre difese, abbassiamo la nostra motivazione a fare quello che dovremmo fare. Attiviamo, in poche parole, una reazione che non porta novità perché le reazioni sono sempre ripetitive.
C’è un’altra profonda ragione per essere gentili con se stessi: la gentilezza è una delle componenti della compassione – quel sentimento che nasce e attiva il conforto – di fronte al dolore e alla difficoltà. Quell’emozione che sostituisce la reattività delle difese e apre il sollievo della guarigione.
Trattandoci duramente ci teniamo lontani dalla cura, di cui, invece, abbiamo tanta sete.
Se una persona è crudele con se stessa come possiamo aspettarci che sia compassionevole con gli altri? Hasdai Ibn Shaprut
Pratica del giorno:Un respiro affettuoso
© Nicoletta Cinotti 2022 Il Programma di Mindful Self-compassion online
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Fantastica e gentile come sempre, le parole arrivano come carezze a chi le vuole e le saprà ascoltare. Grazie infinite