
La linea di divisione tra il vano rimuginare e le riflessioni produttive sta in questo: se approdiamo a qualche intuizione o a un tentativo di soluzione e quindi abbandoniamo quei pensieri, oppure se continuiamo a ritornare ossessivamente sulle stesse preoccupazioni.
Quando perdiamo la concentrazione, il nostro rendimento cala in maniera proporzionale. Per esempio, un test condotto su atleti di alcuni college ha individuato una correlazione significativa fra la loro minore o maggiore tendenza a lasciarsi distrarre dall’ansia e i risultati, positivi o negativi, che otterranno nella stagione successiva. La capacità di mettere a fuoco un singolo oggetto ignorando tutto il resto risiede nelle regioni prefrontali del cervello, dove alcuni circuiti neurali specializzati rafforzano i segnali su cui vogliamo concentrarci (quella specifica e-mail) e smorzano quelli che scegliamo di ignorare (le persone che stanno chiacchierando al tavolo accanto).
Dato che per concentrarci dobbiamo mettere a tacere anche le nostre distrazioni emotive, il circuito neurale dell’attenzione selettiva include quello per l’inibizione delle emozioni: ciò significa che le persone che si concentrano meglio sono relativamente immuni ai tumulti emotivi, hanno minore difficoltà a mantenersi imperturbabili nei momenti di crisi e restano stabili in mezzo al flusso di emozioni della vita.
Nei casi più gravi, l’incapacità di abbandonare un oggetto di attenzione per soffermarsi su altri può far sì che la mente si ritrovi a rimuginare senza fine ripercorrendo sempre gli stessi circoli di preoccupazioni, in uno stato di ansia cronica. Agli estremi della patologia clinica, ciò può voler dire perdersi in quelle sequenze di pensieri di disperazione, impotenza e autocommiserazione che caratterizzano la depressione, o in quelle interminabili ripetizioni di idee o atti rituali (come toccare cinquanta volte la porta prima di uscire) che contraddistinguono la sindrome ossessivo-compulsiva.
La capacità di distogliere l’attenzione da una cosa per spostarla su un’altra è fondamentale per il nostro benessere. Quanto più è forte la nostra attenzione selettiva, tanto più possiamo rimanere assorbiti da quello che stiamo facendo: farci travolgere da una scena commovente di un film, per esempio, o lasciarci colpire in profondità da un passo poetico particolarmente coinvolgente. Una forte concentrazione permette ai ragazzi di «perdersi» in YouTube o nei loro compiti fino al punto di non accorgersi dell’eventuale trambusto attorno a loro.Le persone concentrate possono essere individuate con facilità in una festa: sono quelle che riescono a immergersi in una conversazione, tenendo gli occhi fissi sul loro interlocutore e recependo tutte le sue parole anche se, magari, vicino a loro c’è qualcuno che canta a squarciagola l’ultimo successo dei Beastie Boys. Le persone non concentrate, invece, sono in perenne agitazione: i loro occhi vagano spostandosi su tutto ciò che li attira e la loro attenzione non si ferma su niente.
Richard Davidson, un neuroscienziato della University of Wisconsin, annovera la concentrazione in un piccolo gruppo di abilità vitali essenziali, ognuna basata su un sistema neurale separato, le quali ci guidano attraverso le turbolenze della nostra esistenza interiore, delle nostre relazioni e di tutte le sfide che la vita ci pone davanti. Secondo le ricerche di Davidson, nei momenti di acuta concentrazione i circuiti chiave della corteccia prefrontale entrano in uno stato di sincronia, da lui definito «aggancio di fase», con l’oggetto di quel fascio di consapevolezza: se una persona preme un bottone quando sente un determinato suono, i segnali elettrici nella sua area prefrontale si accendono in perfetta sincronia con quel suono. L’aggancio neurale si rafforza con l’aumentare della concentrazione; se però al posto di quest’ultima c’è un’accozzaglia di pensieri, la sincronia svanisce. Questa perdita di sincronia è il tratto caratteristico delle persone affette dalla sindrome da deficit di attenzione.
Quando la nostra attenzione è focalizzata, impariamo meglio. Se ci concentriamo su quello che stiamo studiando, il cervello mappa le informazioni su ciò che già conosciamo creando nuove connessioni neurali. Se prendete un bambino piccolo e nominate un oggetto a cui state prestando entrambi attenzione, ne imparerà il nome; ma se mentre lo pronunciate la sua attenzione sta vagando, non se lo ricorderà. Quando la nostra mente è distratta, il cervello attiva una serie di circuiti neurali riferiti a cose che non hanno nulla a che fare con ciò che stiamo cercando di apprendere. In assenza di concentrazione, non viene immagazzinato nessun nuovo ricordo di quello che stiamo imparando. I fattori di distrazione più potenti sono le nostre emozioni: tutto ciò che è in grado di suscitare in noi forti sensazioni attira la nostra attenzione. Le persone più concentrate sono comunque in grado di resistere a questa attrazione magnetica e di mantenere focalizzata altrove la loro attenzione.
Daniel Goleman, Focus. Come mantenersi concentrati nell’era della distrazione
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