
Noi siamo debitori agli altri della nostra crescita; in modo diretto e indiretto le persone che siamo, le persone che diventeremo sono frutto anche della matrice relazionale in cui abbiamo vissuto e nella quale stiamo vivendo.
È una consapevolezza tanto diffusa che talvolta ci porta ad essere molto arrabbiati nei confronti degli altri: perché non ci forniscono quello di cui abbiamo bisogno. Perché non soddisfano le nostre aspettative o non ci danno l’attenzione e la cura che ci è necessaria.
Così la gratitudine sparisce dal nostro panorama interiore sostituita dalla ribellione o dalla sottomissione, dalla rivendicazione e dalla protesta. In alcuni momenti può sembrare impossibile provare gratitudine per qualcosa o per qualcuno. Vediamo i limiti delle nostre relazioni, ci sembra che quello che riceviamo sia dentro una logica di giustizia distributiva e niente più.
Eppure la gratitudine – riconoscendo la natura buona dei nostri scambi con il mondo – ci aiuta a sintonizzarci con i punti di contatto, con la capacità di incontro, con il sapore della relazione. Sposta l’attenzione sul nutrimento, anziché sul materiale di scarto e ci consente di separare il grano dalla crusca, la buccia dal frutto. Ci ricorda che il nutrimento esiste sempre. Ne siamo la prova vivente.
Spostando l’attenzione sul nutrimento non neghiamo la difficoltà, semplicemente non permettiamo che la rabbia o la paura, con la solita prepotenza, prendano tutta la scena. Siano sempre sotto i riflettori. Non sono gli unici attori di quel meraviglioso atto unico che è la nostra vita.
Le tre difficoltà (o le tre pratiche difficili) sono: 1. Riconoscere la tua nevrosi come tale. 2. Non fare la cosa abituale, bensì fare una cosa diversa per rompere l’abitudine nevrotica. 3. Fare di questa pratica uno stile di vita. Pema Chodron
Pratica di mindfulness: Be water
© Nicoletta Cinotti 2022 Il programma di Mindful Self-compassion
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