Molto spesso siamo convinti che calmare equivalga a confortare. Siamo così spaventati dall’intensità emotiva nostra e altrui che interveniamo essenzialmente perché ci sentiamo agitati prima ancora che perché stiamo male. Forse è un esito infantile, quando essere agitati veniva espresso con le lacrime. Ti calmavi e calmarti passava attraverso il conforto. Erano due facce della stessa medaglia: la cura.
Da adulti però la cosa non funziona nello stesso modo. A volte quella che chiamiamo calma è controllo, quella che chiamiamo sicurezza è repressione emotiva. La calma si veste così di distanza e, a volte, di freddezza. Ci precipitiamo a calmare quando invece dovremmo fare il movimento opposto: confortare prima di tutto. Non per mandare via quello che proviamo ma per prenderci cura di noi stessi e di quello che proviamo. Facendo così, inevitabilmente, arriva la calma, che è il segno che per quel dolore si è aperto uno spazio di accettazione. Quella calma che proviamo non è più controllo, distanza o freddezza. È la calma che proviamo quando abbiamo lasciato andare la lotta e aperto uno spazio interno di cura.
La gentilezza, il calore, la compassione sono le vitamine di base della nostra mente. Paul Gilbert
Pratica di mindfulness: Pratica di accettazione
© Nicoletta Cinotti 2023 Il programma di Mindful self-compassion