
Farei qualunque cosa per te. –Potresti essere te stesso?
Nella celeberrima favola di Hans Christian Andersen, La Sirenetta, Ariel rinuncia alla sua voce meravigliosa in cambio di un paio di gambe. Questa favola, solo apparentemente innocente, mette il dito sul nostro patto col diavolo della modernità. Non ci hanno forse detto e ripetuto che la mobilità è libertà, che si tratti di spostarsi da uno stato all’altro, da un matrimonio all’altro o da un’avventura all’altra? Non siamo forse convinti che muoversi di continuo, salendo sempre più in alto, da un posto di lavoro all’altro, è il sinonimo del successo? Il cambiamento, la varietà, la novità e il miglioramento delle proprie condizioni non hanno nulla di sbagliato in sé, ovviamente. Ma l’inghippo c’è, se ci chiedono di rinunciare alla nostra voce in cambio di una maggiore mobilità o se ci chiedono di mettere a tacere la nostra unicità in cambio del successo. Se non piantar grane significa rinunciare alla propria opportunità di tuffarsi nella vita, allora stiamo barattando il nostro viale d’accesso verso Dio con un vialetto più comodo da percorrere. La lezione di Ariel è fondamentale anche per quanto riguarda le relazioni interpersonali.
Visto solo in superficie il suo sogno di avere le gambe è commovente, perché motivato dall’amore, dal dolce desiderio di appartenere all’essere amato. Ma anche qui entra in gioco un altro baratto svantaggioso che affligge chiunque vi ricorra. Infatti, per quanto acuto possa essere il nostro bisogno di amare o di essere amati, non possiamo assolutamente alterare la nostra natura essenziale senza morire dentro, senza uccidere ciò che vale più di ogni altra cosa. Mark Nepo
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