
Siamo abituati a dare molta importanza al contenuto dei nostri pensieri e al contenuto delle nostre emozioni. Lo facciamo perchè, alla fine, avere ragione per noi è importante. Anzi direi che abbiamo proprio un’etica della ragione che declina quello che è giusto e sbagliato.
Lo declina per noi e per gli altri (operazione sempre parecchio rischiosa ma, si sa, il rischio è il nostro mestiere). Questa passione per l’etica della ragione ha moltissimi sostenitori, nei diversi ambiti della nostra vita. È fonte di conflitti – soprattutto relazionali – perchè poi, alla fine, ognuno ha una propria etica della ragione.
Non è l’unica etica possibile: possiamo avere anche un’etica della cura. Un’etica che ci fa dare attenzione alle parti di noi che ne hanno bisogno. Che offre compassione al nostro dolore, prima ancora che osservare chi ha ragione e chi ha torto. Comprensione ai nostri errori prima che correzione.
L’etica della cura ci permette di mettere a fuoco prima quello che è necessario e poi quello che è giusto. E, a volte, di fronte alla cura, il giusto svanisce in una prospettiva più lontana e meno persecutoria.
Quando ci accade qualcosa – soprattutto se questo qualcosa suscita proliferazione di pensieri, dolore, rabbia, paura – aggiungerci un ragionamento che chiarisce chi ha ragione serve solo ad aggiungere il dolore dell’ingiustizia.
Abbiamo bisogno prima di tutto di consolarci, forse di consolare. E poi dopo averlo fatto di guardare se è proprio così importante il torto e la ragione. Potremmo scoprire che, in una prospettiva più ampia, a volte è davvero difficile riconoscere chi ha torto e chi ha ragione.
Ci serve una particolare consapevolezza che ci aiuti a vedere che i nostri bisogni sono, in realtà, dei doni. Marshall Rosenberg
Pratica di mindfulness: Self compassion breathing
© Nicoletta Cinotti 2017 Un percorso terapeutico verso l’accettazione radicale
Foto di © Soleil is me.
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