Nelle relazioni siamo vulnerabili. La presenza dell’altro e l’apertura al contatto ci rendono tali. E più la relazione è intima più questa vulnerabilità è ampia e profonda. È per questo che a volte ci sembra possibile raggiungere la tranquillità solo nei momenti di solitudine. Una solitudine che desideriamo come riparo.
La vicinanza, la presenza dell’altro, cambiano la qualità delle emozioni che proviamo. Man mano che ci avviciniamo possiamo sentire come l’approssimarsi dell’intimità modifica le nostre emozioni. Possiamo scoprirci desiderosi dell’incontro o ansiosi. O sentire il sorgere di un senso di imbarazzo e timidezza. Possiamo anche accorgerci come le diverse emozioni diventano, con facilità, un flusso di pensieri, aspettative e desideri.
Perché le emozioni legate all’incontro spesso si organizzano in una vera attesa: l’attesa che l’altro soddisfi i nostri bisogni e le nostre necessità. L’attesa che la nostra presenza sia approvata, apprezzata, accolta. L’attesa di questa approvazione è spesso un vero e proprio tornio che ci spinge a correggere e aggiustare sentimenti e azioni, come se piacere all’altro fosse essenziale per la nostra vita. La conferma della nostra adeguatezza. Perché alla fine, la madre di tutte le paure è la paura di essere inadeguati e il luogo in cui lo temiamo di più è lo spazio della relazione.
Temiamo di deludere quasi più che di ferire. Abbiamo paura di vedere la delusione disegnata sul volto dell’altro e – a torto o a ragione – ci organizziamo per evitare di deludere. Abbiamo paura del senso di crollo interno che deludere produce in noi. Temiamo che la delusione dell’altro confermi la nostra sensazione di inadeguatezza.
Copriamo questa paura con la competenza. Ma per guarire la competenza non ci servirà: c’è sempre qualcuno più bravo, più bello o più giusto di noi. Per guarire dalla dipendenza dall’approvazione altrui abbiamo una sola possibilità: dare a noi stessi quella cura, conforto e approvazione che meritiamo e lasciare che gli altri siano liberi di incontrarci per come siamo. Davvero.
La delusione è il primo fruttoso fondamento per una genuina apertura del cuore dalla quale correre il rischio di metterci in gioco: in un matrimonio, nel lavoro, in una amicizia o con la nostra stessa vita. David Whyte
Pratica di mindfulness: Cullare il cuore
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©FulvioCM
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