Preoccuparci sembra una qualità dell’amore. Se amiamo qualcuno gli chiediamo come sta, lo abbiamo in mente, controlliamo che sia arrivato o che sia partito. Sembra una qualità dell’amore ma non lo è. E’ una qualità della mente. Abbiamo una attenzione che eccede la nostra capacità di contenimento e non sappiamo come impiegarla se non preoccupandoci. Si chiama ansia e non amore. L’ansia ci fa fissare l’attenzione su un oggetto e lo ingigantisce: può essere il ritardo, può essere un sintomo fisico che ci pare una malattia gravissima e incombente. Può essere un graffio minuscolo sulla carrozzeria.
In realtà la preoccupazione nasce dal fatto che siamo abituati a spostare tutto nei pensieri anziché farlo dimorare nella sede opportuna, che in questo caso è il cuore. Nasce anche dal fatto che spesso sappiamo – nascostamente – che non amiamo abbastanza ma che siamo solo affamati di quell’altra qualità che associamo all’amore che si chiama attenzione. Questo spostamento di tutte le sensazioni nella mente facilita la proliferazione dei pensieri, facilità l’azione e riduce la contemplazione. Ci fa sentire importanti ma ci allontana dai piccoli gesti quotidiani di cura.
Non martellare chiedendo “mandami un messaggio”, “fammi uno squillo” – non contare l’amore sulla base di whatsapp – piuttosto guarda se sei davvero presente quando torna a casa. Quando apre la porta, quando ti chiama e ha voglia di parlare. Non riempire il silenzio di fantasie, riempilo di respiro. Perché la declinazione dell’amore non è preoccuparsi o essere sempre al centro dell’attenzione. La declinazione dell’amore è prendersi cura. Prendersi cura è come mettere a dimora, preparare l’orto, innaffiare le piante: porta frutto sempre anche se c’è cattivo tempo. Perché quel gesto in sé ci allena all’amare.
Per farlo non servono messaggi: basta essere presenti.
Insegnaci a prenderci cura invece che a preoccuparci. T. S. Eliot
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
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