
Il nostro bisogno di darci delle spiegazioni, di stabilire una relazione causa-effetto, di comprendere perché quello che desideravamo non si è avverato o perché è accaduto qualcosa di imprevedibile, ci spinge a costruire delle storie. Sono narrazioni che nascono con una buonissima intenzione: trovare il senso e dare un significato, dentro la nostra vita, agli eventi che accadono. A noi o agli altri.
Quello che poi ci tradisce è il nostro bisogno di coerenza, per cui, a partire da una narrazione, tutta una serie di eventi devono avere la stessa trama, lo stesso senso. Cambiare narrazione, dare un significato di natura diversa, diventa sempre più difficile e, alla fine, rischiamo di raccontare tutta la nostra vita con un’unica grande storia.
A quel punto siamo nella bolla della narrazione: una bolla che distorce affinché tutto rientri in una trama coerente.
Cambiare storia ci sembra impossibile ma non lo è: è la nostra mente che si è affezionata a quella lettura delle cose. La vita non sta dentro un bolla. Lasciamo che la realtà infranga la bolla delle nostre narrazioni: la successione temporale di due eventi non è una prova della relazione causa – effetto, la generalizzazione non è la verifica del fatto che abbiamo ragione. Gli stereotipi non hanno mai favorito le scoperte.
Usciamo dalla zona di comfort: abbandoniamo la coerenza delle nostre narrazioni su di noi, per scrivere, ogni momento, una storia vera.
Troppo spesso la storia della nostra vita, non compresa e illusoria, diventa una profezia auto-realizzante. Possiamo, sempre, mettere in campo ogni tipo di prova a dimostrazione del nostro punto di vista e poi crederci, anche se non corrisponde affatto alla realtà. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: Le parole che guariscono
© Nicoletta Cinotti 2023 Scrivere storie di guarigione
Lascia un commento