
L’odio contrae il cuore e l’anima si restringe, la grazia lo espande e l’anima si dilata. Alexander Lowen
Cerchiamo ogni giorno la pace perché sappiamo che è la via maestra verso la felicità o, almeno, la serenità.
È normale quindi domandarsi dov’è che inizia la nostra guerra. Non quelle che attraversano il mondo ma la nostra guerra personale. Quella che ci fa svegliare di soprassalto con un pensiero o addormentare inquieti con lo stesso pensiero. Guidare distratti e incasinarci la vita.
Dove inizia quel piccolo o grande tormento quotidiano? La risposta è semplice ma non banale: inizia quando induriamo il cuore. Non lo facciamo tutto insieme ma giorno per giorno, a piccole dosi. Ogni volta che rimaniamo delusi; ogni volta che veniamo feriti; ogni volta che la realtà è lontana dal nostro desiderio, induriamo un piccolo pezzetto di cuore. Metaforicamente un pezzetto grande quanto una monetina di rame da 2 centesimi: di fatto mettiamo un interruttore per l’accendersi di un prossimo conflitto. Accadrà quando una relazione ci porterà lì, a quel pezzetto rigido del cuore. Allora non sapremo rispondere a quell’evento ma solo reagire. E la guerra inizierà.
C’è un altro conflitto che è sempre attivo tra di noi. È un conflitto che risuona nei nostri comportamenti e nelle nostre scelte. È quello tra ciò che desideriamo profondamente e ciò che invece desidera la nostra immagine ideale. Anche quello è un conflitto sempre attivo. Un po’ come uno dei vulcani della nostra Italia. Sembrano dormire ma in realtà sono pronti a svegliarsi e a riprendere l’attività in ogni momento. In questo caso però non induriamo il cuore ma chiudiamo la mente.
Quindi svegliare il corpo ci è necessario perché la nostra consapevolezza sia radicata e per sciogliere ciò che ci porta ad irrigidire il cuore e a chiudere la mente. Da solo però non basta. Ci vuole un passaggio ulteriore: il più coraggioso. Perché ammorbidire il cuore significa andare incontro a ciò che ci ha fatto soffrire. A quello che ci ha spaventato. Significa guardarlo negli occhi e accogliere quello che è stato, fargli spazio, per una ragione semplice ma non ovvia: è già dentro di noi!
Ammorbidire il cuore non è l’inizio di una campagna o di una lotta: è dare riconoscimento al proprio dolore, connettersi al dolore degli altri, riconoscere che nel dolore non c’è niente di personale. È parte della nostra vita – della vita di tutti – e come facciamo pace con questo aspetto è basilare per la felicità alla quale aspiriamo.
In qualche modo è un percorso che ci insegna a vacillare perché la forza che si accompagna alla nostra durezza è un’ipotesi di reato: il reato del conflitto interiore. La realtà è che abbiamo bisogno di essere flessibili, di vacillare come espressione della tenerezza fondamentale che proviamo per la vita stessa. Questo non ci renderà più deboli, né più vittime. Ci renderà solo più leggero il cammino.
Perché la durezza pesa, oh se pesa!
Questo è il vero lavoro dei costruttori di pace, trovare la morbidezza e la tenerezza in quel luogo tanto scomodo e starci. Se riusciamo a stare con il nucleo morbido e il cuore tenero, stiamo coltivando i semi della pace. Pema Chodron
© Nicoletta Cinotti 2018 A scuola di grazia e non di perfezione Ritiro di Bioenergetica e Mindfulness 2 – 4 Aprile, Giaiette, Genova
Foto di © **Elle**
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