
Per qualche decennio abbiamo pensato che la base della salute fosse l’autostima e così abbiamo fatto il possibile per farla crescere. Peccato che l’autostima cresce sulla base del successo e, quindi, ogni fallimento diventa problematico.
È stato solo recentemente che si è diffusa un’ondata di ribellione nei confronti del perfezionismo e si è iniziato a sottolineare il fatto che, prima o poi, qualcosa andrà male. Cosa faremo allora?
Cosa possiamo fare quando sbagliamo?
Anche se la risposta può suonare assolutamente banale, la cosa migliore da fare è consolarsi. L’agitazione connessa all’errore rischia di non farci funzionare bene né emotivamente né cognitivamente. Per questa ragione la prima azione – la più necessaria – è calmarsi, confortare il dolore.
Questo punto così semplice ed essenziale è stato evidenziato in particolare dal lavoro di Kristin Neff che ha sottolineato l’importanza della compassione verso se stessi e delle sue componenti centrali: la gentilezza che trasforma la durezza e la critica giudicante in comprensione; il riconoscimento della nostra umanità condivisa, ossia l’esperienza di connessione con gli altri e con la vita al posto del senso di alienazione ed isolamento; e, infine, la Mindfulness, ossia la capacità di tenere la nostra esperienza in una consapevolezza equilibrata tra interno ed esterno, anziché esagerare o ignorare il nostro dolore o disagio. È necessario combinare questi tre elementi per espandere la nostra capacità di self compassion.
Vantaggi della self compassion?
Le nostre emozioni sono fonti importanti di informazioni: anziché giudicarle dovremmo guardarle con interesse e curiosità e imparare come confortarci e come attivarci, quando siamo troppo ritirati. In questo modo qualsiasi esperienza può essere un apprendimento e migliorare le nostre risorse personali
Quando siamo sottoposti ad uno stress – fisico o emotivo – o quando tendiamo a metterci continuamente sotto stress per il nostro perfezionismo, rompiamo l’equilibrio tra riflessione e azione: esageriamo diventando eccessivamente attivi o eccessivamente ritirati. Questo processo di ri-equilibrio è fortemente sostenuto dalla gentilezza nei confronti di se stessi. In questo caso la gentilezza riparte dal centro – il proprio Sé – per riportarci ad un livello adeguato di apertura relazionale. È da questo punto di partenza – la gentilezza nei confronti di noi stessi – che possiamo ripartire, per imparare e scegliere cosa fare.
Gentilezza significa smettere di giudicarci per ciò che siamo o che abbiamo fatto per comprendere le nostre scelte. Include la consapevolezza del modo in cui ci siamo feriti o siamo stati feriti, per trasformare questa ferita in una risorsa. Diventa una dichiarazione di di pace dalla guerra interiore a cui ci spinge il perfezionismo.
Il corpo sotto sforzo
Metterci continuamente sotto sforzo per raggiungere i nostri obiettivi non ci rende la vita più facile e – alla lunga – non permette nemmeno di raggiungere più obiettivi perchè ci fa pagare un prezzo troppo alto in termini di energia. Avremmo bisogno, come dice Rick Hanson, ogni sera, prima di andare nel sonno, di confortarci e ringraziare il corpo perchè ci ha sostenuto e aiutato. Non spingerlo a performance elevate a volte ci permette proprio di raggiungere performance elevate come racconta l’esperienza di molti sportivi che hanno visto decrescere il loro rendimento per overtraining e migliorare le prestazioni dopo un periodo di riposo (Se l’argomento ti interessa leggi Il successo dell’accettazione e Il flusso e la peak experience)
La spiritualità del corpo e l’accettazione radicale
Guardare al corpo ci permette così di tornare in contatto con una essenza che ci nutre e ci sostiene. Ci accompagna e nutre. Ci permette di comprendere che, anche se sappiamo di non essere una macchina, a volte ci trattiamo proprio come se fossimo una macchina, alla quale, peraltro, dimentichiamo di dare benzina. E la benzina non è il fare ma l’essere.
Cercherò di mostrare l’aspetto spirituale della salute. Alexander Lowen
La ragione principale per cui perdiamo la grazia – intesa come spiritualità del corpo – è la nostra tendenza a conformarci alle aspettative altrui e alle richieste dell’ambiente e, durante la crescita, alle aspettative della famiglia. La strada è quella di riportare armonia tra quelle che Lowen vede come due forze contrapposte, l’ego e il corpo, il pensiero e il sentire, per poter tornare ad una vera spiritualità del corpo. E, io dico, ad una vera accettazione radicale
“Vivi su molteplici strati di vita, non sulle macerie” dice Stanley Jasspon Kunitz
“Vivi su molteplici strati di vita, non sulle macerie” dice la poesia del giorno di Stanley Jasspon Kunitz. E in effetti è così: possiamo considerare la nostra vita passata in tanti modi. Può essere uno strato che offre forza e sostegno, oppure ci possiamo sentire come dei sopravvissuti a tanti piccoli – e grandi – crolli. Qualunque sia la situazione di partenza abbiamo tutti bisogno di trovare la sensazione di gioia che proviamo quando siamo noi stessi, a prescindere dalle circostanze.
Il conflitto tra l’io e il corpo toglie la pace mentale. Una perdita che si esprime attraverso la proliferazione dei pensieri: l’attenzione costantemente rivolta a quanto sta avvenendo nella mente ci rende meno sensibili al contatto con gli altri e con l’ambiente e minaccia la capacità di amare noi stessi e gli altri.
La preoccupazione pregiudica la capacità di aprirsi alla relazione e ci lascia rinchiusi in una visione limitata di noi stessi. Molti di questi pensieri sono espressione di un conflitto che non può essere risolto con la mente ma sciolto portando l’attenzione al corpo, al respiro, al presente. Per andare al cuore della nostra esperienza umana.
Ritiriamoci per fiorire
Un ciliegio non ha paura di fiorire. Noi sì. Perchè abbiamo paura di sbagliare. Un ciliegio considera che non tutti gli anni farà gli stessi fiori e che questo non dipende dal suo valore ma dalla stagione appena passata, dall’acqua e dal vento, dalla sua età e dal terreno in cui si trovano le sue radici. Il perfezionismo ci fa avere paura di fiorire. La grazia è una fioritura di noi stessi.
Così dedicarsi un tempo, come il ritiro di meditazione, è un modo per coltivare la propria fioritura e provare davvero la gioia silenziosa e profonda di quando siamo noi stessi.
© Nicoletta Cinotti 2018 Foto di ©ags210jp2000