È vero che viviamo una realtà complessa e piena di difficoltà. È vero che rabbia e paura sono due emozioni innate, che proviamo fin dalla nascita. È vero che sono le due emozioni che stanno alla base di tutte le nostre difese. A volte le proviamo in successione: qualcosa ci spaventa e ci arrabbiamo di conseguenza. Oppure ci arrabbiamo e poi rimaniamo spaventati dalla nostra stessa rabbia.
È vero però che noi non siamo disegnati solo da ciò che è innato ma che, nel tempo, coltiviamo alternative a ciò che è innato. E queste alternative non nascono dalle difese – che hanno in se e per se un carattere di ripetitività – ma nascono dalla presenza.
Le difese, nel loro insorgere automatico, si accompagnano sempre ad una riduzione della consapevolezza. Funzionano come se qualcosa si frapponesse tra noi e la realtà. La presenza invece ci permette di avere una diversa attitudine: ci permette di vigilare. Ci permette di coltivare una posizione di apertura che sa usare la protezione quando è necessario.
In fondo le nostre difese sono un atto di pigrizia rispetto al vigilare. Perchè vigilare ci chiede di scegliere, di coltivare, senza censure, quella che è presente. Coltivarlo senza censure e senza giudizio. Vigilare ci offre la ricchezza del presentimento. Un presentimento che non è la previsione di catastrofi: è il presentimento della profondità della vita e del tempo, dei gesti e delle cose, del corpo e dell’anima.
Vigilare significa badare con amore a qualcuno, custodire con ogni cura qualche cosa di molto prezioso, farsi presidio di valori importanti che sono delicati e fragili. Vigilare impegna comunque a fare attenzione, a diventare perspicaci, a essere svegli nel capire ciò che accade, acuti nell’intuire la direzione degli eventi, preparati a fronteggiare l’emergenza. Carlo Maria Martini
Pratica di mindfulness: Meditazione su corpo, respiro, pensieri e suoni
© Nicoletta Cinotti 2016 Il mese della gentilezza Foto di ©Nancy Violeta Velez
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