Quando proviamo un dolore relazionale sorge in noi, spesso, una piccola confusione. Riteniamo la persona responsabile del nostro dolore.
Inizia così un processo che porta alla costruzione di un nemico esterno: proviamo un dolore interno – che consideriamo un nemico – e spostiamo la causa del dolore dall’interno all’esterno. Questa confusione richiede un cambiamento di prospettiva. Fino a che considereremo il nemico esterno non saremo infatti in grado di occuparci del nostro dolore interno. Non saremo in grado di fare quell’unica azione che il dolore richiede: la consolazione.
Se non ci facciamo trascinare da questa confusione, dallo scompiglio che porta il dolore, possiamo occuparcene come di un bambino che chiede di essere consolato. Per farlo abbiamo bisogno di due qualità: della pazienza e del coraggio. Abbiamo bisogno della pazienza per perseverare in questa esplorazione scomoda e del coraggio che ci permette di accettare che non c’è soluzione per le nostre emozioni scomode.
Se non curiamo questa confusione rischiamo di venir divorati dalla cosa che vogliamo combattere; rischiamo di rimanere avvolti in una spirale di rivendicazione, rabbia o vendetta che genererà ancora più dolore. La ricerca di soluzioni nasce da un equivoco: che tutto possa diventare prevedibile e sicuro.
Se ci consoliamo possiamo scoprire da soli che è più facile sciogliere un dolore che vincere un nemico.
Sviluppare pazienza e impavidità significa imparare a sedere fermi con la lama affilata dell’energia disagevole. Pema Chodron
Pratica di mindfulness: Meditazione del lago
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©the robots revenge
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