
Continuo a girare intorno alla parola lontananza. Che ha una sfumatura di fondamentale diversità rispetto alla parola distanza. Ci è lontano qualcosa di caro e di amato. Qualcosa di cui proviamo nostalgia. E questa lontananza non affievolisce i sentimenti ma, anzi, li rende più intensi. Quindi se la distanza ci fa guardare da una prospettiva più ampia le cose, la lontananza ci fa sentire tutto il desiderio che l’altro sia di nuovo con noi. E molto spesso ci è più facile amare le persone da lontano – al telefono per esempio – che quando le incontriamo di persona.
Al telefono ci permettiamo tenerezza, sensibilità, apprensione, cura. Poi ci incontriamo. E il primo momento è bellissimo. Avete visto gli arrivi negli aeroporti o nelle stazioni? Gli abbracci e il sollievo di re-incontrarsi? Credo di essermi innamorata di mio marito perché viveva lontano e mi piaceva incontrarlo – dopo giorni di assenza – in qualche stazione o aeroporto.
Poi torniamo a casa e piano piano quell’intensità scolorisce. Succede con i figli come con i partner. Mi sono sempre chiesta come mai succede. Forse perché quando non vediamo l’altro possiamo sentire l’intensità del nostro amore e quando lo vediamo, invece, incontriamo le cose che, dell’altro, ci danno fastidio? Oppure perché da lontano il nostro amore è ideale e da vicino diventa reale?
Forse, semplicemente, la lontananza ci mette in contatto con quello che vorremmo fosse il nostro amore: tornare a casa. Tornare alle qualità originarie ed essenziali dell’amore. A quel senso di unità che non prevede conflitto.
Nelle forme più intense, il sentimento d’amore comprende il desiderio di fondersi, di unirsi con la persona amata. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale
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