La distanza e la vicinanza sono un’espressione affettiva, oltre che un movimento. Teniamo vicino quello che amiamo e lontano quello che non ci piace. A volte lo facciamo senza nemmeno accorgercene, tanto è automatico.
Allontanandoci da qualcosa o da qualcuno dichiariamo una distanza che è anche affettiva. Diventa difficile spiegare perché molto spesso ci allontaniamo dalla nostra esperienza. Diventa difficile comprendere perché ci rifugiamo nei pensieri prendendo le distanze da quello che sentiamo e da quello che proviamo emotivamente.
Ci stiamo forse dicendo che non ci piace sentire? Oppure che non ci piace essere immersi in quello che viviamo, peraltro, in ogni momento?
Cosa dichiara di noi questa distanza, se non che pratichiamo la protezione del distacco, che ci rende estranei alla nostra stessa vita?
Temiamo forse che il cuore sia il territorio della vulnerabilità? Crediamo che i pensieri siano il territorio dell’invulnerabilità?
Rimanere vicini alle cose è scegliere di dimorare nella nostra casa. Niente di più. Niente di meno.
Se portare l’attenzione all’interno anziché reagire con un’azione esterna è primo atto di equanimità, rimanere vicini alle cose è il secondo atto di equanimità. Il primo si dirige verso l’esplorazione della risonanza interiore, il secondo verso l’esterno, chiedendoci di imparare quella declinazione del rispetto e dell’affetto verso la vita che è la vicinanza.
La pratica di Mindfulness significa che ci impegniamo pienamente, in ogni momento, per essere presenti; invitandoci ad entrare il relazione con piena consapevolezza con questo momento, con l’intenzione di incarnare per quanto ci è possibile un orientamento verso la calma, la consapevolezza e l’equanimità, proprio qui e proprio ora. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: La meditazione del lago
© Centro Studi di Mindfulness e Bioenergetica Genova
Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Erdpr
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