
Tendo alla delusione, come direbbe Jack Kornifield, psicoterapeuta e insegnante di dhamma americano. Nella psicologia buddista ci sono tre tipologie di carattere: chi vede subito il bello, chi vede subito il brutto e quelli che, come me, rimangono delusi.
La delusione è la tendenza dei sognatori. Quelli che, per andare avanti, sognano qualcosa di bello e che, quando scoprono che non è possibile, scendono dalle stelle alle stalle molto velocemente. Non ci sono tante cure se non il sereno disincanto: sapere che le cose non sono mai come sembrano e nemmeno come vorremmo. Perché la realtà vince sempre.
La realtà vince sempre
Impariamo a sperare da bambini. La speranza è fatta di compleanni, natali, feste, esami, voti. Speriamo che il compito sia andato bene e che arrivi il regalo che desideriamo. Speriamo che ci siano le patatine fritte e il gelato. Speriamo che i nostri genitori non si arrabbino. È così che impariamo a sperare. E il sentimento della speranza è un terreno friabile su cui appoggiarsi. Molte volte confina con lo sperare nel miracolo: speriamo proprio quando sappiamo che non è possibile. Devo alla mia tendenza all’illusione (che è il secondo passo dopo la speranza) molte scivolate d’umore ma anche la determinazione con cui ho fatto della consapevolezza e del radicamento nella realtà, la mia arma principale di cura.
La realtà è la cura
La strada della consapevolezza è un’ottima cura per la tendenza a rimanere delusi. Anziché nasconderti nella speranza e illuderti che le cose siano diverse da come sono, ti offre la possibilità di guardarle proprio in faccia. Di tenerle davanti a te con semplice evidenza. La consapevolezza è, in questo senso, una ladra d’illusioni che protegge dal dolore dell’ignoranza intesa come non conoscenza della realtà.
All’inizio può sembrare che il mondo diventi piatto come una pianura nebbiosa. Dopo scopri che le oscillazioni dell’umore bruciano talmente tante energie che è meglio che le cose siano apparentemente piatte che sempre con alti e bassi.
Gli sbalzi d’umore
Molte persone soffrono di sbalzi d’umore. A volte così gravi da passare dalla maniacalità alla depressione. Sono arrivata alla conclusione che, oltre ai fattori clinici riconosciuti ed ereditari, ci sia anche lo zampino dell’illusione e della delusione. L’umore si alza quando c’è un sogno che gonfia le vele e si abbassa quando passa il vento e la realtà ha preso di nuovo il soprav-vento. Cercano la cura nella fase depressiva ma, invece, sarebbe da curare la fase maniacale che è annuncio di delusione e perdita di felicità. È stato Alexander Lowen, il padre della bioenergetica, a dire che non c’è solo la depressione reattiva ad un lutto o ad una perdita. C’è anche la delusione di chi si illude e poi scopre che la realtà era diversa. È quelle depressioni sono molto, molto più frequenti e pervasive.
Orali e narcisisti
Sono i caratteri orali e quelli narcisisti che rimangono più spesso delusi ma con una differenza sostanziale in quello che fanno dopo la delusione. Gli orali rimangono aggrappati al sogno e lottano all’infinito prima di lasciarlo andare. I narcisisti rompono relazioni, fanno ghosting, tolgono il saluto e non ti parlano mai più perchè il reato è grave: lesa maestà. In ogni caso non c’è storia d’amore finita male che non abbia anche la sua quota di delusione. perchè quando ti innamori vedi tutte le potenzialità e poi una parte di queste potenzialità muoiono, abortite per tante ragioni diverse. Non ho ancora incontrato qualcuno con un amore finito che non sia rimasto anche deluso da quella storia. In fondo se non fossimo sognatori non proveremmo nemmeno ad innamorarci.
Il danno che produce una delusione amorosa è molto grande perché indebolisce il senso di legame e connessione con gli altri.
La noia
L’interruttore della delusione non è solo la speranza ma è anche la vulnerabilità alla noia. La noia infatti nasconde la delusione per una vita che vorremmo sempre con i fuochi artificiali e, a volte, è solo una timida fiammella.
L’interruttore della noia non è fuori di noi: è la nostra credenza in un mondo giusto, in persone solo buone e belle, in attività solo eccitanti e gratificanti. Quell’interruttore possiamo riconoscerlo e spegnerlo solo noi. Quell’interruttore ha un nome la cui dimensione non è né piccola né grande; né buona né cattiva; né giusto né ingiusto. Si chiama realtà.
La vitale energia che sta nel fidarsi di ciò che emerge, può sollevarci dal nostro torpore, rivelare la contingenza di tutte le cose e forse può far svanire la noia con la spada della saggia incertezza. Gregory Kramer
La saggia incertezza
Alla fine il vero problema è solidificare in un oggetto che consideriamo reale quello che è solo un pensiero di speranza. Lo facciamo perchè vogliamo evitare di stare nell’incertezza. Vogliamo evitare di sentirci fragili e vulnerabili. Vogliamo evitare di sentirci umani, preferiremmo di gran lunga essere divini. Alla fine la delusione, il mio tallone d’achille, mi ha reso quella che sono: curiosa, determinata, appassionata. Mi fossi fatta meno male con la mia tendenza alla delusione non avrei avuto questo spirito di ricerca. Perché il vero punto per me è non trasformare la delusione in una ragione d’abbandono. da buona orale non mollo facilmente la presa!
© Nicoletta cinotti 2023. Il protocollo MBCT
Il Protocollo MBCT: Protocollo per la prevenzione delle ricadute depressive