Siamo tutti alle prese con la nostra agenda: troppo piena o troppo vuota, sembra non avere mai la dimensione giusta. Litighiamo interiormente con il tempo – e con lo spazio – per farci entrare tutto ciò che vorremmo e per tenere fuori quello che ci è sgradevole.
Anche i più disordinati, se non hanno appuntamenti e progetti, hanno aspettative, punti fermi ai quali ricorrere con il pensiero e la speranza che qualcosa si realizzi.
In parte desideriamo stare nella costruzione di un progetto per esprimere il nostro senso di padronanza della vita, in parte desideriamo stare nel flusso delle cose per cogliere le opportunità a volo.
In entrambi i casi – sia che siamo dei programmatori che degli spontaneisti – è l’attimo della condivisione che cerchiamo. Quel momento in cui, per il semplice fatto che accade quello che avevamo desiderato o che siamo al momento giusto nel posto giusto, abbiamo la sensazione che la vita ci ami. La straordinaria sensazione che la vita ci ami.
Tanto è centrale l’effetto della condivisione: diventa un senso di sostegno, approvazione, riconoscimento al quale attribuiamo il significato di conferma del nostro diritto di esistere.
Un diritto che è espresso dal nostro respiro prima ancora che dalle conferme che riceviamo. Nel respiro risiede la dignità dei nostri progetti e la gentilezza della loro affermazione nel mondo.
Basta così. Queste poche parole bastano, Se non queste parole, questo respiro. Se non questo respiro questo starmene qui seduto. Questa apertura alla vita Che abbiamo rifiutato, Sempre e di Nuovo. Finora. Finora. David Whyte
Pratica del giorno: La meditazione della montagna
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Andrea – Lupinoweb
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