Siamo cresciuti pensando che la ricerca della sicurezza fosse sia un must che un segno di successo. Abbiamo misurato il successo in gradi di sicurezza. Più sicurezza – economica, di personalità, di status, professionale – più successo.
Fino a che qualcosa nel mondo è cambiato. Qualcosa che riguarda tutti. Non siamo lontani dai migranti che arrivano – quando arrivano – sulle nostre coste bagnati, poveri, disorientati e arrabbiati. Non siamo lontani dalla Siria o dallo Yemen. Per tante ragioni non siamo lontani: una di queste è che il terrorismo ha battuto forte nelle nostre coscienze in questo anno appena passato. E ha battuto di nuovo – terrorismo o follia? – anche all’inizio di questo nuovo anno.
Così ci viene chiesto un cambiamento radicale. Quello di imparare a trovare la felicità nell’incertezza. Tra i voucher e il Jobs act. Tra un lavoro a tempo molto determinato e che, dall’altra parte, ci chiede sempre più tempo. È una sfida. Non è nuova. Siamo umani perchè – da sempre – siamo stati consapevoli dell’incertezza dell’esistenza. Forse è questa che ci differenzia dagli animali. Oppure anche loro imparano a correre per la stessa ragione.
Così, stamattina, mentre un giornalista radiofonico, con la voce spezzata di lacrime, leggeva un brano del libro “L’arte di essere fragili” mi sono resa conto che di questa fragilità e della consapevolezza della fragilità noi possiamo fare un’arte. Che ha la stessa bellezza, poesia, forza e vitalità di qualsiasi arte. Non sono tempi facili ma possono essere tempi in cui impariamo a stare nella nostra fragilità senza scappare. Tempi in cui possiamo imparare l’arte di essere fragili.
Buon anno
A tutti i ragazzi e a tutte le ragazze
ai quali sono state spezzate le ali,
prima di spiccare il volo.
A tutti gli uomini e le donne
che difendono le cose fragili,
perchè sanno che sono
le più preziose.
Alla mia famiglia
nella quale imparo ogni giorno
l’arte di essere fragile.
Alessandro D’Avenia “L’arte di essere fragile
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