Se c’è una parola del vocabolario clinico sempre usata nel linguaggio corrente quella – secondo me – è la parola narcisista. Viene usata a proposito e a sproposito ma sempre ad indicare qualcuno che è più fedele alla sua immagine – che cerca di conservare senza graffi – che al suo vero sé.
Certamente, se andiamo a vedere cos’è la strategia del narcisista, le cose possono apparire un po’ diverse, prendere un’altra luce.
La strategia del narcisista – alimentata dai suoi ricordi impliciti ed espliciti – è quella di non voler mai più correre il rischio che i propri bisogni primari non vengano soddisfatti. Siccome la paura è che si ripeta la frustrazione – e che i propri bisogni siano destinati a non incontrare risposta in una relazione – compensa questo timore con una eccessiva autonomia. Questa combinazione di paura e ipercompensazione porta ad una mancanza di intimità con se stessi e ad un senso di vuoto. Un senso di vuoto che alimenta ancora di più l’ipercompensazione: lavora di più, si cura esteticamente di più oppure mangia compulsivamente di più o beve di più e così via. Ma nulla tocca quel vuoto interiore. Perché quel vuoto interiore può essere toccato solo da quell’intimità che teme ed evita. Intimità con se stesso che fiorisce nell’intimità con l’altro.
Visto da questa prospettiva non proviamo un po’ più di simpatia per il tanto bistrattato narcisista? Anzi, visto da questo punto di vista, dietro alla nostra iperattività, non sta proprio la stessa paura: la paura che in una relazione d’amore non saremo mai capiti? Forse, vista in questa angolazione, siamo tutti un po’ narcisisti e preferiamo darci noi qualcosa anziché aspettarlo dal mondo esterno.
Amare non è dare ma essere aperti. Alexander Lowen
Pratica del giorno: Protendersi
© Nicoletta Cinotti 2016 Il mese della gentilezza Foto di ©Cala Rossini
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