Ho molto presente il momento in cui ho iniziato a praticare mindfulness – o, se preferite – vipassana. L’ho fatto con curiosità ma senza particolari aspettative. Stavo cercando qualcosa ma non mi era chiaro cosa. Dopo pochissimi minuti ho avuto l’intuizione di averlo trovato.
Mi sono vista bambina, nel piccolo paese di montagna in cui vivevo. Era appena nevicato. Una di quelle nevicate farinose che mi facevano impazzire di gioia. In quel momento, immersa nella neve come se fosse panna montata, ho sentito che nella vita si poteva essere felici.
In quell’attimo iniziale di pratica di mindfulness il ricordo è tornato vivido, come se non fosse un ricordo ma proprio il luogo in cui mi trovavo in quel preciso momento della mia esistenza. Gli anni successivi non sono stati così divertenti. Una adolescenza ribelle, qualche guaio inevitabile. Penso di aver percorso la strada del dolore e dell’inquietudine moltissime volte. Qualche volta quella bambina e la sua convinzione mi sembravano totalmente scomparse. Segni di una ingenuità che mi esponeva a ferite e delusioni e che era meglio abbandonare.
Tornare all’ispirazione è stato il vero ritorno alla mia bambina interiore e il vero percorso verso la mente del principiante. Questo credo che sia il livello di consapevolezza che offre la mindfulness: la possibilità di imparare da noi stessi e dalle nostre intuizioni. L’intuizione è un processo singolare: essendo frutto della creatività nasce dall’essere e non dal fare. Anzi il fare incessante può far sparire o nascondere l’intuizione dentro una tana profonda. E quando la nostra intuizione è nascosta, attraversiamo sempre un periodo di aridità. Non possiamo procedere senza intuizioni, perché vorrebbe dire che non abbiamo più aspirazioni ma solo obiettivi. Tratto da Destinazione Mindfulness 56 giorni per la felicità
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale
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