Quando inizia a sorgere la possibilità di accettarci così come siamo inizia ad emergere anche un’altra domanda: ma allora devo rassegnarmi a tutte le cose che non vanno nella mia vita? Allora devo rinunciare a sperare che cambierà in meglio qualcosa?
Sembra così che l’accettazione sia più una dichiarazione di fallimento della possibilità di cambiare che un modo nuovo di vedere le cose. Accettare significa lasciar andare quella forza con la quale evitiamo o critichiamo le parti vulnerabili di noi stessi. Se un bambino ferito ci venisse incontro piangendo cosa faremmo? Lo consoleremmo o gli diremmo “sei stato stupido a farti male”? Spero davvero che prima di tutto lo consoleremmo, poi gli chiederemmo come ha fatto a farsi male e, alla fine, forse, controlleremmo che abbia imparato la lezione.
Con noi stessi invece, rischiamo di fare l’opposto: prima ci rimproveriamo per aver sbagliato, poi ci mettiamo in punizione per l’errore. E alla fine, se la ferita è grossa o ripetuta, cerchiamo rimedio.
Accettare significa riconoscere alla nostra vulnerabilità il diritto di esistere. Significa non vergognarci per essere così come siamo. Significa permettere a quelle energie che tenevamo segregate nella lotta di tornare a nostra disposizione. Per curarci e occuparci del nostro dolore come faremmo con un bambino ferito. Questo non ci renderà più deboli o più insicuri. Ci renderà più forti e più resilienti. Più pronti al cambiamento perchè avremo a nostra disposizione tutte le energie che tenevamo impegnate nella critica.
Si narra che in Giappone, quando succede un errore, la pratica sia, prima di tutto, chiedere di collaborare alla ricerca della soluzione. Non chiedere di chi è la colpa. E solo dopo che la soluzione è stata trovata e applicata, domandarsi chi ha sbagliato.
Accettare significa iniziare a collaborare con la realtà anziché pretendere prima di cambiare la realtà e poi di accettarla. Invertire l’ordine degli addendi non dà lo stesso risultato. Dà il tormento della missione impossibile.
La disponibilità ad accettare la realtà e a collaborare con essa è l’elemento essenziale di qualsiasi pratica meditativa. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: Lasciar andare. Meditazione live
© Nicoletta Cinotti 2016 Dimorare nel presente, dimorare nel corpo
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