
Se c’è qualcosa che si accompagna all’essere genitore è l’errore. Non vorremmo sbagliare ma è abbastanza inevitabile farlo. Arriva nostro figlio e malgrado ci assomigli, malgrado abbia una parte del nostro patrimonio genetico, è davvero diverso da noi e prima lo riconosciamo e più felici siamo tutti.
Una coppia madre – bambino con una relazione d’attaccamento sicuro passa l’80% del tempo nella riparazione degli errori. Perché quello che rende sana e vitale la relazione non è l’assenza di errori ma la capacità di riparazione. E sulla capacità di riparazione potremmo aprire un capitolo perchè sono molti i sentimenti che interferiscono con la possibilità di imparare dagli errori.
Cosa interferisce con la riparazione
La prima cosa che interferisce con la riparazione è accettare di aver sbagliato. Per molte persone è una ferita riconoscere di aver sbagliato, di non aver capito subito. Scelgono, quindi, la strada dell‘insistenza. Rifanno la stessa cosa proprio perché sperano che, ripetendola, si riveli giusta. Ovviamente non è così.
Il senso di colpa è un altro grosso ostacolo alla riparazione. Ci spinge a fare troppo e, spesso, a fare qualcosa che non è inerente all’errore. In ogni caso il senso di colpa diventa un doppio legame che unisce – in maniera insana – genitori e figli. Spesso diventa la base per i ricatti affettivi.
Cosa serve per riparare
Alla fine per imparare dai nostri errori, anche come genitori, abbiamo bisogno dello stesso ingrediente che dobbiamo usare con i figli: perdonare e imparare. Perdonarci e consolarci per aver sbagliato. Riportare il tumulto delle emozioni alla quiete prima di passare all’azione successiva. Sappiamo consolare i nostri figli? Ma, soprattutto, sappiamo consolarci per i nostri errori? Oppure, ogni volta che sbagliamo entriamo in un universo di recriminazione e autocritica?
La cosa più dolorosa che succede – quando un figlio incontra delle difficoltà – è vedere cosa succede ai genitori. Generalmente le risposte sono di due tipi: ci sono genitori che si flagellano dal dolore e genitori che colpevolizzano i figli. E poi l’oscillare da un estremo all’altro, innescando un conflitto ripetitivo.
La compassione
Raramente i genitori perdonano i propri errori. Per questa ragione a volte negano di averli fatti: perché sanno che se si rendessero conto di quanto hanno sbagliato sarebbero troppo severi con se stessi. Questo non perdonarsi errori diventa ben presto una inflessibilità psicologica che attiva schemi conflittuali ripetitivi nella relazione con i figli. Rimaniamo così incastrati: loro nei loro errori e noi nella nostra reattività.
Nonostante questo sembra che sia difficile dirigere la compassione nei confronti di sé stessi. Per quale ragione? In parte perché ci vorremmo – un po’ narcisisticamente – perfetti. In parte perché confondiamo la compassione con la pena. Le persone per le quali proviamo pena sono persone in condizioni di inferiorità a causa di un problema o una difficoltà fisica o emotiva. La compassione invece significa riconoscere il dolore dell’altro e comprendere che quel dolore non ci è estraneo. Non è buonismo: è realismo. È la base di tutte le azioni pro-sociali e di tutta la possibilità di imparare dall’esperienza che, inevitabilmente è fatta di prove ed errori.
Il senso di colpa diventa, troppo spesso, l’alternativa alla consolazione offerta dalla self compassion. Una alternativa che produce invischiamento e che rischia di peggiorare, anziché migliorare la relazione.
La self compassion
Le ricerche sulla self compassion hanno assunto rilevanza internazionale grazie al lavoro di Kristin Neff e Cristopher Germer che hanno introdotto una distinzione importante tra autostima e self compassion. L’autostima è un costrutto ego-riferito che tende a diminuire con i fallimenti e le difficoltà mentre la self compassion è un costrutto che migliore le capacità di resilienza allo stress. È formato da tre aspetti fondamentali: il riconoscimento del dolore, la gentilezza verso se stessi, e il riconoscimento della nostra comune umanità. Per i genitori è uno strumento importante per ritornare alla calma e avere una visione più ampia delle diverse prospettive.
Ci vediamo la prossima settimana con il quarto appuntamento di questa serie “Rispondere e non reagire”
© Nicoletta Cinotti 2019
Abbiamo già pubblicato sul Mindful Parenting
- Lo stress dei genitori? La risposta nel programma di Mindful Parenting
- Le mamme, beh…quello è un altro discorso
- Mindful Parenting: iniziamo dai papà
- Uscire dalla reattività genitoriale
- Cosa succede quando arriva una diagnosi (in famiglia)?
Prossimi eventi
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