
Forse tutte le parole hanno un sapore, per alcune più sottile e per altre più esplicito.
Accettare ha avuto, per molto tempo, il sapore poco piacevole del buttar giù qualcosa di non desiderato. Del sentire una sorta di imposizione.
Poi, quasi improvvisamente, mi sono accorta che rifiutare e giudicare avevano lo stesso effetto: separavano anziché unire.
Così accettare ha avuto il sapore del ritornare intera, del non mettere distanza tra me e quello che stavo vivendo. Allora la sfumatura del sapore è cambiata: non era più un amaro boccone ma una esplorazione che mi permetteva di stare nell’energia che ogni emozione e ogni fatto portano con sé.
A volte esploravo l’amarezza, altre volte la spigolosità, altre ancora la paura, altre la sorpresa e la gioia della novità. In ogni caso tenerle dentro, anziché metterle fuori, era davvero nutriente. E mi permetteva di assaggiare il sapore di un’altra parola fino in fondo: essere pienamente presenti.
Il suo consiglio (di Chogyam Trungpa n.d.r) su come entrare in relazione con la paura, con il dolore o l’insostanzialità era di accoglierli, di diventare tutt’uno con essi, anziché dividerci in due, una parte di noi che rifiuta o giudica un’altra parte. Pema Chodron
Pratica di mindfulness: Lavorare con le emozioni
© Nicoletta Cinotti 2022 Il protocollo MBCT Online
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