
Ci sono parole che, in una relazione non vorresti dire mai. Non vorresti mai che ti si muovessero nel cuore, non vorresti che ti girassero nella mente. Sono parole difficili in tutte le relazioni. Non solo nelle relazioni d’amore. Anche tra colleghi, tra collaboratori, tra amici.
Una di queste parole difficili è la parola tradimento. L’altra è la parola fine. L’una spesso è anticipo dell’altra. Sono difficili perché acquistano significato proprio perché abbiamo amato. Non si tradisce chi non si ama. Si tradisce chi si è amato e si ama ancora. E allora, direte voi, perché tradire?
Perché ad un certo momento la crescita ti spinge in una direzione, la marea ti trascina in un’altra spiaggia. Non è il tradimento banale dell’avventura momentanea quello di cui parlo. È il rendersi conto, profondo e radicale, che le strade si separano e che rimanere nella stessa situazione sarebbe un tradimento di se stessi. O di una parte di se stessi. Il tradimento di cui parlo è quello che pone ad un bivio: o tradiamo noi stessi, la nostra direzione di crescita o tradiamo l’altro. Gli altri. Quelli che vorrebbero che tutto rimanesse come prima.
E a questo punto che avviene la scelta: è perché abbiamo risposto alle imprecisate domande che la relazione ci pone che possiamo scegliere se restare o andare. Non perché abbiamo evitato di vedere, non perché abbiamo fatto finta che il problema non esistesse. Ma perché ci siamo accorti che esisteva, che aveva una forma. Abbiamo lasciato che quella domanda ci interrogasse fino in fondo e poi ci siamo decisi. Abbiamo scelto. E allora restare non è un tradimento. E nemmeno andare è un tradimento. Entrambe possono essere scelte di crescita.
La transizione della scelta è così dolorosa proprio perché abbiamo amato. E scegliere ci fa così paura che rimandiamo ad un momento futuro. Non c’è niente di superficiale in questa transizione, tanto difficile che, a volte, la prolunghiamo il più possibile. Molta della stagnazione della nostra vita nasce da questo dolore: dal desiderio di non voler sacrificare l’altro e dall’urgenza di non sacrificare se stessi. Dal desiderio che tutto rimanga come prima. Prende molte forme: dalle scelte professionali a quelle affettive. Rimandare all’infinito però non serve. Rende stagnante la nostra vita e, strano a dirsi, perpetua il sottile tradimento dell’insoddisfazione. Cos’è in fondo l’insoddisfazione se non il tradimento della gioia di vivere che nasce dal chiudere gli occhi di fronte alle scelte che dovremmo fare e rimandiamo?
Così in questa transizione non possiamo che allargare le braccia per allargare il cuore e fare ancora più spazio per noi e per gli altri. Nessun tradimento riguarda due persone. Tutti i tradimenti riguardano, come i cerchi di un sasso nell’acqua, tanti aspetti e tante persone, vicine e lontane.
Il punto è che crescere pone imprecisate domande e imprecisate traiettorie. Chiudere gli occhi non risolve il problema. Il ciliegio ha paura di fiorire? Si domanda se farà più fiori dell’anno passato? Si domanda se saranno più belli? Oppure fiorisce, ogni anno, con tutto quello che ha ricevuto dal sole, dalla terra, dall’acqua e dal vento?
Ora capisco. Non sarà l’onda perfetta a venire da me. Sono io che devo cercarla! Sergio Bambaren
Pratica di mindfulness: Body Scan Breve
© Nicoletta Cinotti 2017 Ritiro di Primavera: Risolversi a cominciare Foto di ©toalafoto
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