
Darsi dei limiti non sempre è facile eppure talvolta è indispensabile per rispettare il nostro ritmo, la nostra fatica, il diritto al sacrosanto riposo.
Se dobbiamo scegliere noi entriamo con facilità in una spirale alla quale aggiungiamo sempre qualcosa – magari anche piacevole – per non mettere un limiti e dirsi, “sono troppo stanco” oppure dirsi “questo è troppo”. Quando lo facciamo ci sembra una sconfitta anziché una forma di rispetto.
Uno degli aspetti per cui ci è difficile mettere limiti è che li mettiamo pensando prevalentemente – a volte esclusivamente – a noi stessi. E quell’Io non sa decidere quando è il momento di dire basta.
Per scegliere davvero è necessario pensare al “noi”. Com’è per le nostre relazioni significative la nostra incessante attività? Cosa toglie nei rapporti con le persone che amiamo, che siano amici, figli o coniugi? Perché per mettere dei limiti abbiamo bisogno di sentire quel senso di nostalgia, quel sottile dispiacere per ciò che prova l’altro.
Se mettiamo dei limiti pensando solo a noi stessi, l’espansione del nostro Ego ci giocherà qualche brutto scherzo, aiutato dall’avidità della nostra mente.
Questo vale per moltissimi aspetti della nostra esperienza: se la valutiamo pensando solo a noi stessi, disegniamo scelte che sono private dell’ampiezza della nostra rete relazionale. Scelte che nascono monche, basate sulla convinzione che i confini dell’io siano identici ai confini del corpo. Non saremmo chi siamo senza le persone che fanno parte della nostra vita. In bene e in male.
Pensare esclusivamente nei termini di “io” è come avere una casa e non collegarla alla rete elettrica, alla rete idrica, alla fognatura. Rimane una scatola.
Tutte le colorazioni tipo “io”, “me”, “mio” sono semplicemente correnti del pensiero che possono influire negativamente sul vostro animo e sulla purezza dell’esperienza diretta. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro e del corpo
© Nicoletta Cinotti 2022 Il Programma di Mindful Self-compassion
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