
Il colore è il tasto. L’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che, toccando questo o quel tasto, fa vibrare l’anima. Vasilji Kandinskij
Nessuno di noi vorrebbe vivere una vita senza emozioni così come nessuno di noi accetterebbe che fosse la ragione a determinare tutte le sue scelte.
Le emozioni sono le protagoniste della psicologia ma non sempre hanno goduto di buona fama, sia nell’area della psicologia sia tra il grande pubblico. Alle emozioni diamo la responsabilità delle nostre scelte sbagliate e tendiamo a separare emozioni e ragione dando un credito molto superiore alla nostra ragione.
In realtà la nostra ragione funziona bene solo a partire dalle nostre emozioni e il vero danno non lo fanno le emozioni ma la mancanza di consapevolezza di quello che proviamo. Ti racconterò questo e molto altro ancora nel mio nuovo libro che esce giovedì 3 Marzo, Mindfulness ed emozioni. Un libro che raccoglie il mio stile di lavoro e che cerca di fare una buona divulgazione su un argomento di cui tutti parlano – perché tutti noi conosciamo bene cosa vuol dire emozionarsi – ma sul quale a volte abbiamo false credenze e vecchie idee.

A cosa serve emozionarsi?
Le nostre emozioni assolvono principalmente a tre funzioni: proteggerci, consolarci, e attivarci. Tre funzioni che qualificano la nostra intelligenza emotiva.
Sviluppare l’intelligenza emotiva permette di
• percepire, riconoscere e modulare le nostre emozioni e rispondere adeguatamente a quelle altrui
• realizzare le nostre potenzialità
• ridurre ansia e depressione
• migliorare la consapevolezza e la regolazione emotiva, la qualità delle interazioni sociali e la padronanza di sé
– Le emozioni di difesa (nel libro indicate dal magenta e dalle sue variazioni di tinta e di sfumatura): hanno il compito di metterci in condizione di affrontare e superare le difficoltà. Parlerò dell’ansia, della paura e della rabbia
– Le emozioni di affiliative (indicate dal giallo caldo e dalle sue variazioni di tinta e di sfumatura verso l’arancio): quelle che ci confortano e ci permettono di stabilire legami affettivi come la gioia, l’affetto, la tenerezza, la gratitudine, la compassione e la self-compassion. Tra queste emozioni ci sono anche le emozioni relazionali difficili come la vergogna
– Le emozioni legate alla motivazione (indicate dal ciano e dalle sue variazioni di tinta e di sfumatura) che ci permettono di studiare, di realizzare obiettivi lavorativi e ci spingono alla ricerca di nuovi stimoli. Ti racconterò di come funziona la curiosità, la motivazione, la tristezza, l’invidia e la gelosia, offrendoti una mappa per questo itinerario, sia discorsiva che visiva (l’immagine sottostante è tratta dal libro)
L’ansia e lo scacco matto
Nel disegnare questo panorama emotivo parto dall’ansia perchè è l’ansia che regola la nostra possibilità di esplorare quello che proviamo. Se abbiamo troppa ansia non possiamo permetterci di sentire altro e la nostra tolleranza emotiva diminuisce mettendoci in posizione difensiva prima ancora di aver capito davvero cosa succede.
Non solo: l’ansia è anche la responsabile di molti disturbi depressivi perché alimenta comportamenti di evitamento. Così, se siamo molto ansiosi, finiremo per sentirci inadeguati e diventeremo depressi perchè non siamo in grado di fronteggiare la realtà come vorremmo ( o come ci sembra che facciano tutti gli altri tranne noi)
Il punto centrale con le emozioni sta proprio qui: alcune emozioni ci fanno avvicinare all’esperienza che viviamo e altre allontanare. Più ci allontaniamo dalla nostra esperienza – criticandola, biasimando o biasimandoci – più entriamo nel circolo vizioso del disagio emotivo. Ossia facciamo proprio l’opposto di quello che ci farebbe bene: accettare la nostra esperienza senza giudicarla e poi andare avanti.

Quanto disagio emotivo dobbiamo tollerare? Non molto…
Una delle ragioni per cui ci difendiamo dalle emozioni è che spesso sono scomode, o dolorose, o entrambe le cose, sono sia scomode che dolorose. Allora ci sembra di aver inventato la strada migliore: evitare quello che ci fa soffrire. Una soluzione che funziona sul momento ma è disastrosa sulla lunga distanza perchè, improvvisamente, finiamo per essere travolti dalla rimuginazione. Perché rimuginiamo? Perché le nostre emozioni, quando sono evitate, traslocano nei pensieri e li colonizzano. In più ci convincono che, ragionandoci sopra, troveremo una via d’uscita e quindi la colonizzazione diventa un’invasione. Sembra strano ma per non essere invasi dalla rimuginazione basta poco. Permetterci di sentire, dare nome a quello che sentiamo, esplorare la radice corporea delle emozioni, accogliere quello che sentiamo e lasciar andare. Intendeva questo Thich Nhat Hanh quando diceva che non dovremmo farci invadere troppo dal disagio emotivo. Basta riconoscere, con tocco lievi, quello che proviamo e poi lasciarlo andare con un sorriso
Le self conscious emotions

Le self-conscious emotions
Nasciamo con un bagaglio emotivo, forse appreso già nella vita intra-uterina. Crescendo, impariamo tante sfumature delle emozioni primarie perché scopriamo che le nostre emozioni non riguardano solo noi ma anche e soprattutto le nostre relazioni. Man mano che cresciamo impariamo a capire cosa sta nella mente dell’altro e, a volte, siamo travolti dalla vergogna, dall’imbarazzo, dalla gelosia o dall’invidia. Alcune emozioni possono essere particolarmente difficili perché ci fanno sentire inadeguati, isolati oppure perché feriscono la nostra vita relazionale. In questo caso la pratica di mindfulness è come una conca di navigazione che aiuta a superare i dislivelli emotivi che si sono formati nel corso della nostra vita. Attraverso gli esercizi presentati nel libro possiamo imparare dei modi per andare avanti rispetto a quelle emozioni che ostacolano la realizzazione del nostro potenziale personale e imparare strumenti a portata di mano per sviluppare l’intelligenza emotiva.
Emozioni e colori: mettere un freno alla mente chiacchierona
L’associazione con i colori ci permette di comprendere meglio come funzionano le emozioni e come si sviluppano visto che molte emozioni uniscono, per fare un esempio, aspetti difensivi e di consolazione, oppure motivazione e difesa, Le spiegazioni sono accompagnate, per la prima volta in area mindfulness, da una facilitazione visiva, curata da Sara Seravalle, in modo che i concetti espressi siano compresi e “visti”. Inoltre molti dei nostri problemi emotivi assomigliano alle illusioni ottiche – nascono cioè da percezioni errate – e il libro offre una guida per riconoscere questi errori di percezione
Proprio come non vorremmo vivere una vita senza colori non possiamo rinunciare a nessuna delle nostre emozioni: abbiamo solo bisogno di conoscerle e, in alcuni casi, sfumarle, attraverso la pratica di mindfulness. In sintesi abbiamo bisogno di tutte le emozioni (anche quelle che ci sembrano più scomode). Il vero punto è riconoscere la nostra palette di colori, e regolarne l’intensità
Il libro può essere letto a partire dalle singole sezioni o dalle specifiche emozioni. Come ulteriore facilitazione per la comprensione viene accompagnato dalla storia emotiva di tre persone – Marco, Piero e Lucia – che offrono un esempio di come le risposte emotive condizionano la formazione del carattere.
Simona Sciancalepore ne ha fatto una lettura attenta perché a volte noi psicologi parliamo in un gergo poco comprensibile. È la maledizione della conoscenza, quella che ci fa credere che tutti capiscano il nostro linguaggio e quella che fa credere a tutti di essere psicologi perché tutti proviamo emozioni!
Nel frattempo le prossime pratiche gratuite saranno dedicate a Mindfulness ed emozioni: mi trovi su Zoom il lunedì alle 8. Questo è il calendario!
© Nicoletta Cinotti 2022 Mindfulness ed emozioni
Post di approfondimento

Piccolo elenco della dis-regolazione emotiva
Le nostre emozioni possono essere forze molto intense, capaci di trascinarci al di là di quello che siamo di solito. Per questa ragione tutti noi scegliamo delle strategie di regolazione emotiva. Alcune proprie, cioè capaci di farci crescere, altre improprie, cioè capaci di farci evitare quello che riteniamo sgradevole e aggrappare a ciò che riteniamo piacevole, senza comprendere e maturare in questo processo, nessuna nuova saggezza.
Così provo a fare un breve elenco delle strategie improprie di regolazione emotiva:
1. mettere distanza, evitando l’incontro;
2. chiudere il rapporto, evitando il dialogo;
3. vendicarsi, evitando il dolore;
4. sottomettersi, trattenendo il piacere;
5. ribellarsi, evitando la frustrazione.
Quando utilizziamo queste strategie ci sembra di fare qualcosa, di aver trovato una soluzione. In parte è vero ma il costo è molto alto: spesso il costo è aver eliminato una relazione, aver eliminato una parte del nostro mondo esterno rendendo così il nostro mondo interno più fragile e isolato. Il costo è aver trattenuto o manipolato le nostre emozioni, convinti che il risultato ci darà ragione. Ma è poi così?
Non ci lasciamo essere (…). Ci tratteniamo contro la rabbia, la tristezza e la paura, conteniamo i pianti e le grida, tratteniamo il nostro amore: facciamo tutto questo perché abbiamo paura di lasciarci andare, paura di essere, paura di vivere. La terapia (…) non è un modo di imparare come essere, ma come non fare. Alexander Lowen

Appunti di storia emotiva
Arriviamo nel mondo con un bagaglio leggero: poche emozioni – quelle fondamentali – e una disponibilità ad essere aperti e ricettivi, che è, già alla nascita, diversa per ognuno di noi. Poi ogni giorno ci esercitiamo. Impariamo così, attraverso la ripetizione quotidiana, a vivere. Impariamo piano piano anche a riconoscere le nostre emozioni che all’inizio sono poche perchè bisogna sempre partire dalla semplicità.
Solo che ogni storia ha un ospite inatteso. Anche la storia della nostra vita emotiva ce l’ha. E l’ospite inatteso sono le emozioni delle persone che si occupano di noi.
Le emozioni dei nostri genitori, fanno un percorso diverso rispetto alle altre emozioni: diventano velocemente parte del nostro carattere e danno forma alle nostre risposte. Non sono nostre eppure ci definiscono.
Sono emozioni più statiche, proprio perché diventano parte del carattere, e più difficili da trasformare perché anziché riconoscerle come estranee ci sembra che facciano parte di noi dalla notte dei tempi. E in effetti spesso è così: è nel buio della notte che vengono a disturbarci.
Hanno bisogno di una cura diversa: la cura della differenza. Non sono emozioni digeribili ma solo confortabili. È lì, in quel luogo intimo, profondo e umido di noi, possono arrivare solo le emozioni tenere e leggere come la compassione. Non è la ragione che cura in quel luogo. Non è la nostra capacità di capire. È la nostra capacità di reparenting, di consolazione
Così con la compassione torniamo all’inizio e scrostiamo dalla nostra anima le conchiglie delle loro emozioni. Quelle piccole cozze nere che hanno reso il nostro cammino più difficile

La guarigione e l'autoregolazione
sMolte ferite, molte malattie, guariscono spontaneamente in un tempo variabile. Più siamo “sani”, più velocemente recuperiamo, in autonomia, da queste ferite e malattie.
Perché la nevrosi non guarisce autonomamente come le sbucciature sui ginocchi che avevamo da bambini? Perché i traumi non si riparano come gli ossi che riformano il callo osseo?
Perché la nostra risposta difensiva interferisce con il processo naturale di guarigione, che in bioenergetica si chiama autoregolazione.
La pratica della mindfulness e della bioenergetica si collocano qui: nel ripristino delle nostre naturali capacità di autoregolazione e guarigione. Per farlo richiedono però un ingrediente fondamentale: non tradire se stessi.
La fedeltà a noi è declinata in tanti modi, sta a noi cercare cosa significa non tradirsi.
Quando scegliamo di non tradirci portiamo a termine quel compito che è stato troppo difficile per i nostri genitori: il compito di volerci bene senza correzione, senza manipolazione. Di volerci bene perché abbiamo fiducia nelle nostre possibilità, incluso nella capacità di imparare dagli errori
Perché la nevrosi non guarisce spontaneamente come qualsiasi altra malattia? Perché la nevrosi interferisce con il processo di guarigione. E’ come togliere continuamente la crosta dalla cicatrice: la nostra resistenza mantiene viva la ferita: ecco cosa significa essere nevrotici. Alexander Lowen