
L’incontro tra mindfulness e bioenergetica per me è stato un modo per sperimentare, direttamente, il senso dello spazio. Intuitivamente sappiamo cos’è lo spazio, sperimentiamo un senso di libertà all’aria aperta, un senso di libertà quando possiamo esprimere quello che sentiamo. Le contrazioni del corpo e della mente riducono il nostro spazio interno, a volte in maniera così sottile che non ci accorgiamo quasi quanto questo spazio è limitato. Spesso faccio l’esempio del sale. Se sciogliamo un cucchiaio di sale in un bicchiere d’acqua diventa imbevibile. Se lo sciogliamo in una vasca quasi non ce ne accorgiamo. Il sale rappresenta le difficoltà che, inevitabilmente, incontriamo. Né la mindfulness né la bioenergetica ci proteggono dall’incontrare le difficoltà. Chiaramente non possiamo pensare che il problema sia il sale, perché le difficoltà sono inevitabili. Il problema è la dimensione del contenitore. Le nostre modalità abituali di risposta spesso sono un contenitore ristretto, limitato, adatto agli impegni ordinari ma inadeguato quando succede un imprevisto, o qualcosa che supera la nostra finestra di tolleranza. Più piccolo è il contenitore, più grande è l’esperienza di sofferenza.
Lo spazio interno
Quello che possiamo cambiare è lo spazio interno nel quale le difficoltà possono sciogliersi. In questo modo anche l’impatto che hanno su di noi può attenuarsi. La mindfulness e la bioenergetica offrono la possibilità di guardare al contenitore della propria vita e realizzare che sviluppare spazio permetterà di espandere il contenitore, di svuotarlo di cose inutili, di ampliare la prospettiva e comprendere che la sofferenza è solo uno degli elementi della ricchezza che ci circonda.
Un sentimento che limita lo spazio: la paura
Alcune delle emozioni che proviamo sono responsabili di questa perdita dello spazio perché si accompagnano ad una costrizione muscolare: la paura è una di queste. Quando siamo spaventati attiviamo delle risposte sulla base del ramo simpatico del Sistema nervoso Autonomo che comportano alcune modificazioni sia a livello fisico che psichico. Aumenta la pressione sanguigna e il battito cardiaco, si modifica il ritmo del respiro. Aumenta il flusso di sangue alla muscolatura rossa e vengono rilasciati ormoni come l’adrenalina e il cortisolo. Questo avviene al di fuori del nostro controllo volontario e anche per paure che non corrispondono ad un pericolo reale.
Il nostro corpo non discrimina il pericolo ma semplicemente lavora per metterci in condizioni di sicurezza.
Tutte queste reazioni fisiologiche condizionano anche il nostro funzionamento psichico. Infatti l’adrenalina e il cortisolo, per esempio, restringono il focus dell’attenzione e impediscono l’attivazione delle risposte di rilassamento e l’attivazione del ramo parasimpatico del SNA connesso alle esperienze di piacere, di apertura e di relazione con gli altri. Purtroppo una delle conseguenze delle risposte su base “simpatica“, ossia connesse alla paura e alla rabbia, è che più le proviamo, più abbassiamo la nostra soglia di tolleranza e stimoli via via sempre più piccoli possono essere sufficienti per farci entrare in questo “circolo restrittivo” dello spazio interno. La nostra muscolatura volontaria, ossia la muscolatura rossa, finisce per rimanere in uno stato cronico di attivazione, dandoci quella sensazione di oppressione e perdita di respiro che si accompagna ad una attenzione divisa e ad una sensazione di distrazione.
Il passaggio
Sviluppare un senso di spaziosità è il cuore dell’integrazione corpo-mente, il cuore dell’integrazione tra bioenergetica e mindfulness, ed è contraddistinto dal passaggio dall’attivazione del ramo simpatico all’attivazione del ramo parasimpatico del SNA. Quando impariamo come stare, come essere radicati, di fronte alle esperienze della nostra vita, senza essere catturati dalle nostre reazioni avversative, apriamo la porta al senso di spaziosità che sta alla base della consapevolezza. La consapevolezza infatti è, prima di tutto, senso di spaziosità interna. E ci permette di passare dal reagire al rispondere, dalla paura all’accoglienza, dalla oppressione e dal senso di soffocamento all’apertura, dalla sfiducia alla fiducia.
Gli aspetti reattivi
Il cuore delle risposte su base “simpatica” (ossia frutto dell’attivazione del ramo simpatico del SNA) è la reazione ed è un processo che noi abbiamo imparato per cercare di affrontare l’imprevedibilità della vita. Porta la nostra attenzione a dei dettagli minori e li rende enormi, attivando la nostra reattività come se queste cose fossero importanti. L’effetto di questa frammentazione dell’attenzione – non vediamo infatti più l’insieme delle cose ma solo una loro piccola frazione – è quello di distogliere la nostra attenzione dal significato complessivo di ciò che ci accade, per restringerlo alle preoccupazioni attivate dalla nostra paura. Inoltre, se la paura rimane come sentimento di fondo, siamo come dei “rilevatori” di piccoli dettagli che ci spaventano e quindi distogliamo continuamente l’attenzione dal fluire della consapevolezza per accertarci che non stia accadendo qualcosa di imprevedibile e pericoloso.
Una identità rigida
Il nostro senso di identità ha bisogno di essere radicato ed integrato ma ha anche bisogno di essere sufficientemente flessibile per permetterci di stare nella realtà della nostra crescita e del nostro cambiamento. Quando abbiamo paura o siamo coinvolti in una reazione, questo senso di identità si “solidifica” e si trasforma in una immagine rigida e poco mutabile di noi .
Ma come possiamo definire questo “Sé rigido”?
E’ la sensazione che ci sia un Io permanente che rimane fisso e immutabile nel tempo, al di là delle esperienze che possiamo fare nella nostra vita. Anche se le differenze possono essere sottili, noi non siamo quelli che eravamo ieri e tantomeno quelli che eravamo 10 anni fa. Come esseri umani non siamo inalterabili. Ma quando ci attacchiamo ad una immagine rigida di noi, della nostra identità, dobbiamo continuamente proteggerci dal cambiamento e prevenire ogni ridefinizione, senza tenere conto delle circostanze. L’attaccamento a questa identità rigida può essere causa di molte sofferenze. Così come il fatto di percepire l’identità degli altri come preferibilmente fissa e immutabile.
Quando le cose sono diverse da come ce le aspettiamo
Quando le cose sono diverse dalla nostra aspettativa possiamo così sentire un senso di minaccia alla nostra identità ed entrare in una spirale di paura e reazione. Così gli imprevisti possono essere percepiti come minacciosi, al di là del reale pericolo e farci sentire sconnessi dall’esperienza in corso, perdendo la spaziosità interna della nostra consapevolezza.
Dichiarare pace al blocco e alla contrazione
I blocchi e le contrazioni limitano il nostro spazio ma se lottiamo contro queste tensioni lo spazio si riduce ancora di più. Essere consapevoli del blocco e della contrazione e investigarlo ed esplorarlo con un atteggiamento di apertura e curiosità permette al livello di tensione di abbassarsi e accade quello che avviene quando l’acqua è torbida. Se non continuiamo ad agitarla il fango si deposita lentamente sul fondo.
I problemi e le soluzioni
Quando abbiamo dei problemi possiamo pensare di essere sbagliati oppure di essere giusti ma di avere delle risposte sbagliate che portano sofferenza nella nostra vita. E’ vero che la sofferenza, come la gioia, sono ingredienti ineliminabili della vita. Ma, a volte, anziché migliorare le cose, con il nostro intervento le peggioriamo.
Per questo il dialogo tra mindfulness e bioenergetica è così significativo.
In entrambi gli approcci si pensa che le persone siano, nella loro intima natura, sane, buone e capaci di consapevolezza e attenzione. Qualunque sia la difficoltà che incontrano nella loro vita. Qualunque sia il disastro che hanno combinato, niente può modificare questa intima qualità positiva della loro natura. Sono le contrazioni, del corpo e della mente, che ci portano a sperimentare modelli disfunzionali di risposta, ci rinchiudono in circoli viziosi, aggiungono sofferenza al dolore e alle difficoltà che incontriamo. Il punto quindi è aprire il campo di consapevolezza, il radicamento nel corpo, la capacità di cogliere il processo nei suoi elementi base, perché possa ristabilirsi il contatto con la nostra intima natura, perché possano arrivare le risposte alle nostre domande.
La cura diventa così un processo autoregolato che necessita di strumenti e di sostegno dall’esterno ma che non delega mai la responsabilità delle scelte all’altro. E soprattutto porta un profondo senso di pace e di accettazione verso noi stessi e la nostra vita. Infatti, nel momento in cui diventiamo consapevoli di una contrazione che restringe il nostro campo di consapevolezza, iniziamo, come pazienti scienziati di noi stessi, ad esplorarla, percepirla, comprenderla nella sua intima natura. E dichiarando pace al blocco e alla contrazione permettiamo che il flusso autoregolato della nostra vita riprenda a scorrere.
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