I primi studi di misurazione di quello che gli scienziati chiamano “wear and tear”, ossia logoramento da stress, sono basati su 10 marker: pressione sistolica (massima), pressione diastolica (minima), cortisolo urinario, noradrenalina urinaria, adrenalina urinaria, dhea-s (deidroepiandrosterone solfato) nel siero, emoglobina glicosilata, colesterolo Hdl, rapporto tra il colesterolo totale e Hdl, rapporto tra la circonferenza della vita e quella dei fianchi. Recentemente invece, uno studio, pubblicato su Pnas (Gruenewald, T. e al., Combinations of bio-markers predictive of later life mortality, Pnas 2006; 103: 14158- 14163) ha utilizzato 13 marker. Tutti i precedenti meno il rapporto vita-fianchi e in più i marker dell’infiammazione: Pcr, interleuchina-6, fibrinogeno, albumina.
Le vie ad alto rischio
Da questi studi emergono delle “vie” di alto rischio. In generale avere alti livelli dei marker dello stress combinati con quelli dell’infiammazione porta ad una situazione di alto rischio (soprattutto per il cuore, ma non solo); sbocco che è attenuato e corretto, per esempio, da livelli alti di Hdl,il colesterolo buono. Ma si può avere l’Hdl basso (quindi non protettivo) senza essere ad alto rischio: basta avere sotto controllo lo stress.
Oggi è possibile misurare il sovraccarico allostatico, il wear and tear, con una serie di esami clinici piuttosto comuni: esame del cortisolo e dell’adrenalina nell’urina notturna (che ci permette di capire se il sistema di risposta allo stress ha rallentato come dovrebbe), emoglobina glicosilata, proteina C reattiva.
La medicina del futuro
L’importante è tenere conto delle complesse interazioni tra questi diversi fattori; al processo allostatico partecipano diversi mediatori, che possiamo considerare collegati in un sistema non lineare, nel senso che ciascuno di loro interviene nel processo di regolazione degli altri mediatori. Il cortisolo, prodotto dalla corteccia delle ghiandole surrenali in risposta all’Acth (l’ormone adrenocorticotropico prodotto dall’ipofisi), che è, con l’adrenalina, l’altro importante ormone dello stress, va a regolare la rete delle citochine pro e anti infiammatorie prodotte da diverse cellule dell’organismo.
Le citochine, che innanzitutto si regolano tra loro, sono a loro volta regolate dal cortisolo (che le inibisce) e dalle catecolamine che invece ne stimolano la produzione in senso infiammatorio. Il significato di tutto questo, secondo McEwen, esperto nelle ricerche sugli effetti dello stress, è che ogni volta che interveniamo con un farmaco ci sono interventi compensatori di altri mediatori, difficili da quantificare, ma che comunque devono essere tenuti presenti.
Uno scenario complesso dunque, che la medicina del futuro non potrà permettersi di ignorare: con i costi della medicina in continuo aumento, ci rendiamo sempre più conto di come sia fondamentale prevenire piuttosto che curare le patologie correlate allo stress.
L’interazione mente-corpo
Da questo punto di vista l’interazione mente-corpo gioca un ruolo fondamentale, anche se la medicina tecnologica sembra riluttante ad accettarlo. Però un qualche progresso c’è. Oggi anche i politici e gli amministratori pubblici dovrebbero considerare la riduzione dello stress tra le loro priorità, dice Mc Ewan nell’articolo riportato dalla rivista PNEI del 2007.-
© Nicoletta Cinotti 2014
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