Quando ero piccola mia madre mi guardava con espressione soddisfatta e mi diceva, sorridendomi “Tu sei il mio cavallo vincente”. Allora non sapevo bene il significato di quella frase e quanti guai avrebbe comportato nella mia vita. Mi cullavo nel suo sorriso soddisfatto che mi sembrava un presagio di felicità.
Molti anni dopo ho trovato in un libro di meditazione, una storia che riguardava i cavalli. I cavalli, dice il sutra da cui è tratta la storia, si dividono in quattro categorie: quelli eccellenti, i buoni, i mediocri e i pessimi. Il cavallo eccellente non ha bisogno di sentire la frusta, basta la sola intenzione del cavaliere e già è al galoppo. Quello buono si muove alla minima frustata, quello mediocre sta fermo fino a che non sente dolore e il pessimo aspetta, per muoversi, che il dolore gli penetri fin nelle ossa.
Il praticante migliore è il cavallo più scadente perché non reagisce agli eventi ma aspetta di averli sentiti fino in fondo per rispondere. La sua non è ottusità ma pazienza. Il cavallo eccellente coglie nervosamente ogni segnale e non ha che una possibilità: correre.
Così, a distanza di tanto tempo, pratico per diventare un cavallo pessimo. Chissà cosa direbbe mia mamma di questa follia?
E tu, che cavallo sei?
Pensate a un cavallo e ad un cavaliere. Il cavaliere, con il suo controllo cosciente della direzione e della velocità, funge da io; il cavallo fornisce il centro inferiore, la forza e la sicurezza nell’incedere che garantiscono al cavaliere di essere portato dove desidera. Se il cavaliere perdesse la coscienza, il cavallo, nella maggior parte dei casi, lo porterebbe salvo a casa. Ma se crollasse il cavallo, il cavaliere sarebbe virtualmente impotente e non potrebbe far altro di meglio che avviarsi a piedi verso la sua meta. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: La meditazione della montagna
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©gianlucapiazza1976
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