C’è un aspetto del giudizio che spesso passa inosservato: quando giudichiamo facciamo una fotografia – una specie di fermo immagine – che blocca lo svolgersi del processo in corso.
Come se facessimo una specie di esame della maturità e mettessimo la parola fine a quello che è avvenuto ma anche a quello che potrà avvenire. In questo modo, da un certo punto di vista facciamo uno stop loss, ossia fermiamo la perdita, ma da un altro punto di vista consolidiamo ciò che è avvenuto, senza dare alternative.
Sospendere il giudizio è complesso perché significa fare un atto di fiducia e di vulnerabilità. La fiducia nel processo e la vulnerabilità dell’apertura. Giudicare invece ci permette di nasconderci dietro alle nostre difese e di farle germogliare fino a diventare un muro divisorio.
Sospendere il giudizio non è un atto infinito: è quello che facciamo quando non abbiamo fretta di conoscere subito come va a finire. Possiamo praticarlo giorno per giorno, momento per momento. A giudicare siamo sempre in tempo. Riconoscendo che, spesso, quando giudichiamo mettiamo anche la parola fine al conoscere.
Il non sapere è simile al non giudicare. Quando non è necessario conoscere subito qualcosa, possiamo vedere le cose con occhi nuovi. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: Il panorama della mente
Foto di ©Roberto.mac.
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