Molto spesso fare un’operazione di realismo diventa sinonimo di arrendersi all’evidenza entrando in una specie di cinismo preveggente che ci lascia sulla superficie delle cose. O, peggio ancora, sinonimo di non sperimentare e presumere di sapere già come andrà a fine.
Il vero realismo, quello di cui parla Kabat Zinn in Riprendere i sensi, e quello declinato dal grounding non hanno questo significato.
Essere in contatto con la realtà significa essersi concessi il tempo della presenza e il tempo della profondità dell’esperienza. Nessuna storia già scritta sull’argomento, nessuna presunzione di sapere. Piuttosto il riconoscere l’incertezza e la novità che esiste in ogni attimo e fare i conti con questa incertezza.
Non è quindi dirsi “So già come andrà a finire” ma dirsi proprio l’opposto rimanendo radicati nell’esperienza che viviamo. Essere radicati non significa essere statuari come una roccia ma essere fiduciosi di saper stare in quello che la vita ci propone, spesso a sorpresa. Significa non aver bisogno di false certezze per vivere. Significa arrendersi alla realtà del corpo, anziché abitare il mondo costruito dai pensieri e dalle illusioni
Quando diciamo che qualcuno non ha i piedi per terra o ha la testa tra le nuvole…intendiamo che quell’individuo rivolge più attenzione ai propri pensieri – o alle proprie fantasticherie – che a mettere un piede davanti all’altro. Sa dove sta andando ma la preoccupazione per ciò che farà all’arrivo a destinazione può rendergli automatico l’atto di camminare. Alexander Lowen
Pratica di mindfulness: Grounding
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©cacciaramarri
Le parole di questo post mi tornano come se avessi lanciato le tre monetine e consultato l’I Ching del mio stato d’animo di oggi. Grazie.