
La finestra di tolleranza è un concetto sviluppato da Daniel Siegel nel 1999. Siegel la definisce come quel range all’interno del quale le diverse intensità di attivazione emotiva e fisiologica possono essere integrate senza interrompere la funzionalità del nostro sistema (Siegel, 1999,253 ed. americana).
Quando i pazienti sono all’interno della loro finestra di tolleranza le informazioni che provengono dal mondo interno e dall’ambiente esterno possono essere integrate, in un fluire ininterrotto di informazioni percettive che vengono assimilate e associate ai dati emotivi e cognitivi, fino a costruire un significato alle esperienze.
Come illustra il diagramma la naturale fluttuazione dell’attivazione è continuamente adeguata alle condizioni che la persona sperimenta soggettivamente (condizioni definite dal livello di energia, dal senso di fatica e dalle risposte fisiologiche alla fame, al sonno ect).
Ogni persona ha un range abituale che si modifica in condizioni di stress personale o ambientale. Questo range racconta aspetti impliciti della nostra storia personale di risposta alle situazioni e aspetti della nostra situazione attuale. Persone con una storia di ripetuti traumi, anche evolutivi, o uno stato di contrazione muscolare cronico, modificano – restringendolo – lo spettro della finestra di tolleranza, portando a risposte dis-regolative anche per stimoli che per altri possono essere perfettamente tollerabili.
Ampliare il range
Aiutare una persona a diventare consapevole dei limiti della propria finestra di tolleranza permette di offrire una chiave di lettura più riflessiva delle proprie risposte personali….non è lo stimolo che è oggettivamente traumatico, ma sono le nostre modalità di risposta che attivano reazioni su base simpatica o parasimpatica (si veda a proposito le pagine di Lowen ne “Il piacere”). Questa consapevolezza, accompagnata da un lavoro sul livello percettivo corporeo ed emotivo, insieme al sostegno offerto dalla regolazione interattiva, possono permettere di modificare, ampliandolo, il range di tolleranza alla frustrazione o alla privazione, offerta dall’ambiente.
Il contributo di Steven Porges
La teoria di Porges suggerisce che il nostro sistema nervoso possa essere descritto come una gerarchia di risposte piuttosto che in termini di equilibrio delle risposte. Questa teoria – che lui definisce polivagale – descrive tre sottosistemi del SNA (Sistema nervoso autonomo) organizzati gerarchicamente, che governano le nostre risposte agli stimoli:
1)Il ramo ventrale parasimpatico del nervo vago che risponde agli stimoli sociali;
2)il ramo simpatico che risponde alla mobilizzazione;
3)il ramo dorsale parasimpatico del nervo vago che produce una risposta di immobilizzazione.
Ognuno di questi tre sottosistemi corrisponde a ciascuna delle tre zone della nostra finestra di tolleranza: il sistema vagale ventrale correla con l’attivazione ottimale, il sistema simpatico con la risposta di iperattivazione e il ramo dorsale parasimpatico del nervo vago corrisponde all’ipoattivazione. Evolutivamente il sistema più recente è il sistema vagale ventrale che coinvolge il ramo ventrale del nervo vago – il vago mielinizzato. Questo sistema determina il livello individuale di consapevolezza ed è attivo quando siamo nello spettro ottimale della finestra di tolleranza, facilitando il coinvolgimento sociale e la formazione dell’attaccamento e dei legami sociali. Se questa risposta è disattivata, entrano in azione le risposte di mobilizzazione legate all’attacco e fuga del sottosistema simpatico. La prevalenza del sottosistema vagale ventrale aiuta a mantenere una attivazione ottimale e viene disattivato quando, per ragioni legate alla sopravvivenza, sono necessarie risposte rapide.
L’attivazione del sottosistema simpatico è più primitiva e meno flessibile e porta allo spettro alto delle risposte, provocando iperattivazione. Se entrambi sono incapaci di assicurare una risposta di sopravvivenza, entra in azione il ramo dorsale, non mielinizzato, del nervo vago che diminuisce l’attivazione per andare verso il versante di ipoattivazione. Questo sottosistema è caratterizzato dalla conservazione dell’energia e questo spiega perchè, quando siamo stanchi, possiamo diventare intorpiditi.
Normalmente la dominanza di questi tre sottosistemi è fluttuante, anche se per gli esseri umani esiste una specie di gerarchia. Di solito la prima risposta è quella del sistema vagale ventrale e solo quando questa fallisce si ha una risposta simpatica. Se fallisce anche questa modalità di risposta si arriva al dorsale vagale con l’ipoattivazione. Questa struttura gerarchica di risposta costituisce un vantaggio nelle situazioni traumatiche, mentre una buona risposta ventrale vagale, caratterizzata dalla qualità dell’investimento sociale, permette di fare da freno all’attivazione delle altre due modalità di risposta che sono su base automatica e che sono caratterizzate da una alterazione della consapevolezza.
Finestra di tolleranza e trauma
La prima cosa che avviene, quando non ci sentiamo sicuri, è ritirare il coinvolgimento dal mondo esterno. Questo senso di sicurezza/insicurezza è molto legato al significato attribuito a ciò che avviene e quindi può risentire, a volte in maniera preponderante, della situazione di stress che stiamo vivendo. Traumi ripetuti, esperienze negative, il prolungarsi di situazioni di stress possono compromettere la nostra capacità di sintonizzarsi con il range ottimale di attivazione per spostarci nelle modalità iper o ipo attivate.
Una iper-attivazione cronica può creare un circolo vizioso dove, ricordi collegati al trauma, si riattivano ogni volta che compaiono sulla scena interiore o esterna, elementi simili. Questo finisce per rinforzare la modalità di risposta e quindi tanto più ci accade, tanto più ci accadrà. L’iper-attivazione spesso frammenta l’esperienza percettiva, in elementi emotivi o sensoriali, diminuendo così la capacità di fare scelte adattative.
Ma non sempre rispondiamo al trauma con l’iper-attivazione. Molto spesso possiamo maturare anche risposte ipo-attive che comportano una sensazione di separazione dal corpo, una assenza di sensazione di intere parti del corpo e una significativa diminuzione della capacità di processare le emozioni.
In entrambi i casi la prolungata esperienza che ne deriva è una frammentazione percettivo/corporea/emotiva che può intaccare il senso di unità del Sé e la forza del Sé stesso.
©Nicoletta Cinotti 2023
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