Quando desideriamo realizzare una guarigione – che la malattia sia emotiva o fisica – è essenziale tornare al corpo.
Perché non c’è malattia che non trovi una sua radice anche nel corpo: può farcelo dimenticare oppure sentire troppo; può farlo cadere nell’oblio o diventare un’ossessione ma la nostra infelicità e felicità, la nostra salute e la nostra malattia si esprimono, necessariamente attraverso il corpo.
E per riportare un dialogo con il corpo il primo passo – come in tutti i dialoghi – è ascoltare, spostando l’attenzione dalla mente al nostro padrone di casa. Togliendolo dall’ovvietà, esplorandolo con interesse e curiosità quella parte di noi muta – perché anestetizzata – o incomprensibile perché malata, inizia ad avere uno spazio di nuova comprensione. Uno spazio che ci restituisce un senso più pieno della nostra esistenza.
E allora accade sempre un piccolo miracolo: anche il corpo si mette in ascolto e risponde nei modi che gli sono propri, al meglio delle sue possibilità.
Essere è lo stato di vita del corpo. Più il corpo è vivo, più grande è l’essere. La potenzialità dell’essere è ridotta da tutte le tensioni croniche che limitano la motilità del corpo. […]Se abbiamo paura di essere, di vivere, possiamo mascherare questa paura intensificando il nostro fare. Più siamo occupati, meno tempo abbiamo disponibile per sentire, essere e vivere. E possiamo ingannare noi stessi credendo che il fare sia essere e vivere. […] Il ritmo frenetico e febbrile della vita moderna è una prova evidente della paura che abbiamo dell’essere e della vita. Fin quando questa paura esisterà nell’inconscio di una persona, essa correrà più in fretta e farà di più per non sentire la sua paura. Alexander Lowen
Pratica del giorno: Mindful Bioenergetics
© Nicoletta Cinotti 2015
© Foto di Pedro Ungaretti
Lascia un commento