Tutti noi desideriamo sentirci connessi, parte di un insieme più grande. Significativi per altre persone. Il dolore dell’esclusione è uno dei dolori più cocenti e pericolosi per la nostra salute mentale.
E il desiderio di relazione uno dei desideri più primitivi: ci accompagna dalla nascita.
Il paradosso dell’attaccamento però è che stringere troppo un legame, aggrapparci troppo ad una relazione, non ci rende più connessi ma mette in pericolo la relazione e la nostra pace interiore.
Cadiamo nell’errore di credere che se una cosa ci fa stare bene, raddoppiarne la dose, ci farà stare benissimo. Invece, in quel momento e in quel modo, iniziamo a trasformare il legame in una catena. Il piacere a stare insieme in un vincolo.
Corriamo il rischio di ripetere questo paradosso con tutto ciò che amiamo e ci dà piacere. Trasformando la singola azione in una ripetizione compulsiva.
Ci sono poche cure per questo paradosso: la prima è portare la consapevolezza verso questo desiderio di aggrapparsi. La seconda è – meravigliosamente sfidante – lasciar andare.
Potremmo scoprire così che, lasciando andare, non perdiamo ma troviamo. Troviamo il vero senso del legame e del piacere.
Il piacere è un canto di libertà, Ma non è libertà.
E’ la fioritura dei vostri desideri, Ma non il loro frutto. E’ un abisso che esorta alla scesa, Ma non è profondo né alto.
E’ un uccello in gabbia che si alza in volo, Ma non è lo spazio conquistato.
Sì, francamente, il piacere è un canto di libertà. Khalil Gibran
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