
In tutta onestà avrei voluto iniziare da un titolo diverso. Per esempio “Non ci sono single: li abbiamo finiti!” Oppure “Grande notizia: il bluff dell’esistenza dei single“. Poi mi sono ricreduta perchè so bene quanto dolore possono provare (a volte, non sempre) le persone che si sentono sole. Però ci sono parecchie distinzioni da fare e per avere un’idea della faccenda è proprio necessario farle.
La prima distinzione riguarda la parola solitudine: non ha una buona fama eppure la capacità di stare soli – come insegnava lo psicoanalista infantile Donald Winnicott – è un passaggio fondamentale nella crescita di un bambino. È quando un bambino è capace di giocare da solo che i suoi processi simbolici e creativi sono maturi. Un bambino che abbia continuamente bisogno di rivolgersi ad una figura di accudimento per le proprie necessità è un bambino che rischia di sviluppare una personalità dipendente. Quindi sfatiamo un mito: saper stare da soli è una funzione di personalità matura che permette di sperimentare ricchezza emotiva, creatività, capacità di esplorazione. Nessun adulto che voglia avere una vita piena può rinunciare alla solitudine: abbiamo bisogno di saper scegliere con autonomia nei momenti significativi della nostra vita. Essere dipendenti da qualcosa o da qualcuno rende le nostre possibilità limitate e insoddisfacenti. La solitudine però non basta: cerchiamo una relazione o molte relazioni perché siamo animali sociali. Quindi la solitudine è fondamentale: il problema può essere l’incapacità di stabilire relazioni e non la solitudine. A volte giudichiamo la solitudine equiparandola alla incapacità di stare in relazione ma sono due cose distinte. Posso saper stare benissimo da solo e benissimo in relazione. Anzi direi che chi sa stare bene da solo molto spesso sa stare anche in relazione.
La vera solitudine è quella che incontriamo quando siamo con gli altri e sperimentiamo l’impossibilità di comunicare, di condividere, di essere se stessi. Quella, più che solitudine, è una forma di isolamento.
Essere soli quando si è in compagnia
Molte persone sperimentano questo isolamento. Non riescono a comunicare aspetti intimi stando in relazione e quindi la relazione stessa diventa un luogo di frustrazione. Eppure molte persone che vivono questa condizione sono in coppia. Sono soli stando in coppia. Come possiamo chiamare queste persone? Solitude addicted? Scoraggiati dell’amore? Ci provano ma non riescono?
Io direi che quando parliamo di relazione dobbiamo fare un’altra distinzione (tranquillo questa è l’ultima distinzione!). Ci sono diversi tipi di relazione con gradi diversi di intimità. Quelli che chiamo i cerchi dell’intimità e che pratichiamo con Metta, la pratica di gentilezza amorevole. Abbiamo uno stile di relazione diverso con la famiglia d’origine. con un partner, con gli amici, con gli estranei e con l’umanità in generale. E, conseguentemente, diverse qualità di solitudine intesa come incapacità di entrare in relazione. Molti single hanno invidiabili cerchie di amicizia, piene di intimità, calore e solidarietà. Tanto ricche che non sono disponibili a perdere queste relazioni a favore di una intimità di coppia.
Preferisco diventare una zitella che trascorrere una vita con un uomo noioso e privo di fantasia. Lynn Austin scrittrice
Molti single preferiscono la singletudine che dover modificare ritmi e abitudini consolidati nel tempo. Insomma i cosiddetti single hanno una vita di relazione più ricca di molte coppie ecco perché, da un certo punto di vista, i single non esistono oppure li hanno finiti. Le persone isolate invece esistono eccome!
Ci sono persone convinte di non meritare l’amore. Loro si allontanano in silenzio dentro spazi vuoti, cercando di chiudere le brecce al passato. Dal film “Into the wild”
Cosa vuol dire che hanno finito i single?
Fino a trenta/quarant’anni fa non sposarsi era un problema. Era come dire che non eri cresciuto. Se poi eri una donna non sposata rischiavi di rimanere per sempre intrappolata nelle maglie della famiglia d’origine (rischio che le donne corrono sempre: sono i caregiver d’elezione in un mondo sempre più anziano). Le battute negative sulle zitelle si sprecano mentre gli scapoli godono di un certo (spesso immeritato) credito.
[box] Se un uomo ha più di trent’anni ed è single ha qualcosa che non va. È darwiniano: la natura li elimina affinché non propaghino la specie. -E noi allora? -Noi siamo solo selettive. Dalla serie Tv Sex & The City[/box]
Il punto è che il matrimonio non è più un obiettivo di sviluppo ma solo una delle tante possibilità di una vita comunque ricca, creativa e soddisfacente. Quindi definire una categoria per l’assenza di una caratteristica – come facciamo quando parliamo di single – dovrebbe essere messo tra le forme di discriminazione linguistica. Conosco molti single che sono in coppia. Ragionano come se fossero da soli, senza sprecare coinvolgimento emotivo con il proprio partner, hanno fatto una associazione d’intenti: dividere le spese di casa.
Da questo punto di vista potremmo dire che siamo tutti un po’ single: c’è chi lo è nelle relazioni affettive, chi nelle relazioni sociali (che facciamo fatica ad avere e mantenere), chi nelle relazioni professionali (i liberi professionisti sono spesso single d’elezione), chi è single rispetto alla comune umanità e dice quindi “io vengo prima”. Quindi un punto importante potrebbe essere capire in quale cerchio dell’intimità facciamo fatica ad essere in relazione. Dov’è che si realizza la tua singletudine? La mia è stata per tanto tempo nella famiglia d’origine: ero sola anche se ho un fratello e una sorella, perchè abbiamo pochissime relazioni. Dopo tanto tempo in cui ho praticato Metta per loro e con loro (mettendoli tra le relazioni difficili) oggi abbiamo una relazione realistica. Conosco i pregi e i difetti che hanno, so cosa posso aspettarmi e, nello stesso tempo, aspetto anche qualche crescita nel nostro rapporto ma senza illusioni. Abbiamo avuto problemi da ipercompetizone e, molto spesso, la competizione è il vero ostacolo allo sviluppo di una relazione sana tra pari. Altro che singletudine: siamo troppo competititvi, anche nelle relazioni di coppia.
Non sono mai stata single nelle relazioni affettive e in quelle sociali e un modo bello per me per passare il tempo è essere insieme agli altri e “fare da tappezzeria” per gustarmi la loro presenza pienamente. Contemporaneamente posso passare molto tempo in piena solitudine perchè sono una buona compagnia: con me stessa non mi annoio mai.
[box] Non arrenderti troppo velocemente alla solitudine. Lascia che tagli in profondità, che fermenti e maturi, come pochi ingredienti, umani o divini sanno fare Don’t surrender your loneliness so quickly. Let it cut more deep. Let it ferment and season you As few human or even divine ingredients can” Hafez[/box]
Una pratica del quoziente di felicità: in quale cerchio di relazione sperimenti isolamento e difficoltà espressiva? Includi la relazione con te stesso e prova a praticare Metta ( a questo link trovi una intera playlist di pratiche sulla Gentilezza amorevole) con regolarità, partendo da te stesso per aprirti a tutti i cerchi dell’intimità, includendo anche le tue relazioni difficili. Potresti scoprire che le relazioni difficili sono quelle con le persone che ami. Potresti scoprire che, con il tempo, i diversi gruppi di persone cambiano e chi prima era una persona difficile è tornato ad essere nel gruppo delle persone che ami.
Coppia e/o famiglia?
Oltre alla tradizionale suddivisione dei cerchi dell’intimità c’è una nuova configurazione che sta emergendo. Essere coppia non vuol dire essere una famiglia perchè possiamo vivere separatamente ma anche perchè possiamo non avere desideri di generatività. Oppure possiamo desiderare un figlio senza avere un partner. Quello che sta succedendo è assolutamente nuovo: le relazioni affettive e le relazioni familiari possono essere due ambiti separati e la famiglia può avere varie composizioni. Possono esserci famiglie monoparentali, famiglie allargate, famiglie con genitori dello stesso sesso. Se andiamo al di là di giudizi e pregiudizi dobbiamo riconoscere che essere coppia ed essere genitori stanno diventando due funzioni non collegate e questo qualcosa vuol dire sicuramente. Io non so cosa voglia dire ma so che spesso coppie che diventano famiglie fanno vampirizzare il loro essere coppia dal loro essere genitori e i figli sono sempre più figli unici, cambiando così – dentro di loro – la definizione di famiglia.
Stanno scomparendo zii e cugini sostituiti dagli amici. Ma i figli unici sono single? Non è detto però si impara da piccoli a condividere e a stare in relazione. E una attenzione eccessiva ad un bambino potrebbe renderlo un adulto narcisista e con difficoltà relazionali. Una persona che pretende che siano sempre gli altri a sintonizzarsi con lui è affetto dalla peggiore forma di singletudine che conosca: il narcisismo.
Le relazioni come quozienti di felicità
Visto che tutto nasce dall’idea di coltivare un’estate felice bisogna dire che il nostro senso di felicità è molto spesso legato alla qualità delle nostre relazioni. Siamo felici quando abbiamo buone relazioni in tutti i cerchi di cui parlo in questo articolo. E sperimentare forme di isolamento in uno o più di questi cerchi ci fa sentire inadeguati e infelici. Possiamo anche dire che chi non ci ama non ci merita ma difficilmente questa definizione porta serenità.
Quindi se il tuo punteggio dei “Cerchi del cuore” nell’articolo in cui parlavo del quoziente di felicità è basso il problema è che sperimenti una forma di isolamento relazionale. Tradotto sei single anche se sei in coppia. Aprirti ad un livello nuovo di intimità comporta dei rischi ma anche delle risorse. Puoi farlo in tanti modi ma è necessario ricordarsi che niente più delle relazioni è pratica quotidiana. Le relazioni ci stimolano, ci mettono in difficoltà, fanno crescere e fanno paura e noi rispondiamo a tutto questo con una strategia universale: l’evitamento.
Il narcisismo è il vero problema
Non possiamo pensare che tutto vada sempre bene in una relazione. Quello che però ci rende single – anche quando ne abbiamo una – è l’incapacità di stabilire legami affettuosi con chi è diverso da noi. L’incapacità a stare in uno scambio senza sentirsi sfruttati o vilipesi. Il narcisismo è un bel problema che può diventare una vera malattia. Non è la salutare cura di se stessi: quello è un narcisismo fisiologico di cui abbiamo bisogno. È il venire sempre prima di tutti gli altri, il pensare di avere sempre ragione, il credere che gli altri abbiano il dovere di capirci (anche e soprattutto quando non parliamo). Il narcisismo è la convinzione che, per stare con noi, si debba superare una specie di esame d’ammissione. Come nelle favole quando per avere la mano della principessa si doveva superare tre prove.
Il narcisismo è un problema perché dichiara la nostra incapacità di farci trasformare dalle relazioni. Se siamo narcisisti possiamo avere stormi di ammiratori, essere sempre coinvolti in attività sociali eppure soffrire di un senso di solitudine profondo che raramente ottiene sollievo. Nemmeno avere esattamente quello che vogliamo ci fa sentire in relazione: sappiamo che l’abbiamo ottenuto a prezzo di un grande impegno
In tutto questo evitare il problema relazionale non è una buona strategia: aumenta l’inquietudine. Per stare bene abbiamo bisogno di affrontare i luoghi sconosciuti e oscuri delle nostre relazioni. Non è facile e quindi è necessario farlo con gradualità. Possiamo iniziare praticando Metta e attraverso il Protocollo di Mindfulness Interpersonale. Facciamolo in qualsiasi modo possibile: quella è l’unica singletudine che vale davvero la pena di curare perchè ci rende infelicemente soli
Domandati: dov’è che non sono generoso? Spesso la mancanza di generosità è un rilevatore di difficoltà relazionali. Un cuore aperto è un cuore in relazione (anche se è single) e quindi un cuore generoso. Essere generosi non vuol dire sperperare e non riguarda necessariamente il denaro: vuol dire riconoscere che non c’è felicità senza condivisione. È allora che siamo una coppia, un gruppo, un insieme di persone: quando c’è condivisione nella somiglianza e nella differenza, nella buona e nella cattiva sorte. Se riusciamo a fare questo nelle nostre relazioni ( se possiamo scegliere di farlo e non è precluso dalla nostra paura) – che siano relazioni familiari, affettive, professionali, d’amicizia – vuol dire che sappiamo essere in coppia anche se non abbiamo un partner e allora forse non siamo single anche se siamo da soli.
Christopher McCandless : La felicità è reale solo quando condivisa.Dal film “Into the wild”
© Nicoletta Cinotti 2018 Photo by ricardo-mancia-646399-unsplash
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