
Nello sconosciuto c’è una bellezza e un fascino poetico. È profondo, infinito, una vasta coltre di spazio a cui tutti i mistici, gli artisti e i poeti fanno riferimento e traggono ispirazione e creatività. Dal microcosmo al macrocosmo tutti i rami della scienza e delle arti si focalizzano sulla scoperta e comprensione di ciò che è sconosciuto, sugli aspetti invisibili dell’esistenza.
In psicoanalisi, lo studio della dimensione sconosciuta della mente fornisce una sorgente di possibilità per la crescita. Lo sconosciuto occupa un posto importante in tutte le tradizioni religiose. È il regno dove opera la fede. Nel misticismo ebraico la divinità è la realtà ultima sconosciuta e inconoscibile che tentiamo di conoscere. Questo paradosso sta al cuore della ricerca spirituale. Un paradosso che condividiamo con la ricerca psicoanalitica: l’anima e la psiche sono profonde, contraddittorie, misteriose e, alla fine, non conoscibili. Eppure, per essere interi, possiamo e in qualche modo dobbiamo essere pienamente consapevoli di questi aspetti sconosciuti, non ancora realizzati, del nostro Sé. È attraverso questo processo di esplorazione dello sconosciuto che la nostra anima cresce.
Come persona coinvolta nei processi di guarigione dovunque mi giro incontro un aspetto ignoto e il suo potere. Come esseri umani viviamo misteri di profondità non sondabili in un universo molto misterioso. Quello che conosciamo di noi stessi (e del mondo) è giusto un assaggio di un iceberg, vasto e infinito.
Tutta la nostra conoscenza riposa in un ampio mare di non conoscenza. È una immagine mentre lo sconosciuto è il nostro terreno. Trovare un equilibrio tra queste energie – tra conosciuto e sconosciuto – è la chiave che espande la nostra consapevolezza.
Lo sconosciuto forma una profonda corrente sotterranea. (…) La saggezza riguarda sempre una sinergia tra conosciuto e non conosciuto, scoperta e mistero, azione e quiete, parole e silenzio . Estelle Frankel
© www.nicolettacinotti.net Rubrica di citazioni “Addomesticare pensieri selvatici”