Capita a tutti di essere impulsivi, così come capita di ricevere gli effetti di un atto impulsivo. Qualcuno reagisce e noi ci troviamo nella sua traiettoria di tiro.
Sappiamo bene come l’impulsività sia contagiosa. È difficile infatti non reagire all’impulsività altrui con un altro atto impulsivo. L’impatto dell’energia che riceviamo è così forte, così alto, che nutre anche la nostra risposta impulsiva e in brevissimo tempo ci troviamo coinvolti in una reazione a catena.
L’impulsività invece ha bisogno di qualcuno che attutisca l’onda d’urto e fermi la sua propagazione per non entrare in una escalation simmetrica che non fa bene a nessuno e che non porta da nessuna parte, solo a farsi male. Per farlo non abbiamo bisogno di strumenti particolari: solo di essere presenti nell’attimo dell’impatto e di coltivare quello spazio che sta tra lo stimolo e la risposta. Più è forte l’impatto più è necessario aspettare prima di rispondere e lasciare che l’energia delle emozioni in gioco si abbassi per permetterci di vedere più chiaro in noi e nell’altro.
Questo forse non cambierà la posizione altrui ma darà a noi la pace che nasce dal sapere che apparteniamo gli uni agli altri. Il vero danno dell’impulsività, infatti, nasce dalla convinzione di essere su fronti opposti e contrapposti.
La pentola della consapevolezza ci aiuta a far cuocere l’ira a fuoco lento e a farci comprendere che può produrre effetti più negativi che positivi, indipendentemente dalle nostre intenzioni. In questo modo ci aiuta a cucinare e a digerire l’ira per poterla usare efficacemente e forse a superarla del tutto passando da una reazione automatica a una risposta consapevole. Questa e altre alternative sono il prodotto di un’attenzione rivolta ai vari aspetti dell’intera situazione. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2017 Le relazioni e il corpo Foto dal Trattato sulle malattie mentali del 1905 di Eugenio Tanzi
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