
Sentiamo dire piuttosto spesso che la pratica di mindfulness è un atto di amichevolezza, un atto di amore verso se stessi. Un modo per diventare amici con quello che accade, nel momento in cui accade. Raramente ci sentiamo dire com’è possibile che questo avvenga.
Allora vorrei raccontarti che cosa ho scoperto io su questo processo. Forse non è vero per tutti ma per me lo è stato.
Quando qualcosa colpisce la nostra attenzione abbiamo la possibilità di scegliere se rimanere in contatto oppure scappare dalla percezione. Non è possibile in senso assoluto ma in senso relativo lo è. Possiamo prestare una attenzione superficiale a quello che accade e distoglierla verso qualcosa di diverso. Se invece teniamo l’attenzione sullo stimolo l’intensità del nostro contatto aumenta. Questo accade naturalmente quando lo stimolo supera una certa intensità e accade più frequentemente con gli stimoli spiacevoli che con quelli piacevoli, in parte perchè associamo lo spiacevole al pericolo e quindi attiviamo le nostre difese.
Se rimaniamo in contatto con uno stimolo un tempo sufficientemente lungo da poterlo esplorare nelle sue caratteristiche, iniziamo a sviluppare un senso di intimità con l’esperienza e, da questo senso di intimità, dopo un tempo non lungo ma variabile, inizia a sprigionarsi un senso di affetto, di tenerezza, di compassione e commozione.
Così anche gli stimoli più sgradevoli arrivano a svelare il loro senso e la loro intima necessità per la nostra vita.
Così ci liberiamo dall’obbligo di amare solo metà della nostra esperienza – quella che va bene – e ci apriamo alla possibilità di amare tutta la nostra vita. Piacevole, spiacevole o neutra che sia.
I momenti di consapevolezza sono momenti di pace anche in mezzo a un’attività intensa. È un modo per arrestare la corrente del fare e prenderti tempo per ricordarti chi sei. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: La meditazione in diretta del lunedì (Clicca qui)
© Nicoletta Cinotti 2017 Il protocollo MBSR
Foto di © *SusieQ*
Lascia un commento