Alcuni uomini di una tribù africana furono ingaggiati da una troupe televisiva americana perchè li guidassero, con tutto il loro equipaggiamento, nel percorso di ritorno dalla giungla fino alla città. I giornalisti, pressati dalla fretta, insistettero per tenere un’andatura piuttosto veloce, per più giorni di seguito. A un certo punto, ad una giornata di distanza di cammino dalla meta, i portatori si rifiutarono di muovere un passo in più; a nulla valsero le implorazioni, gli incoraggiamenti e le promesse. La troupe televisiva li implorava dicendo che erano quasi arrivati, che bastava un ultimo sforzo per portarli a destinazione, ma i portatori erano irremovibili. La ragione? Dissero che avevano viaggiato a un ritmo così innaturale che dovevano proprio fermarsi un po’ ad aspettare che la loro anima riuscisse a raggiungere il rispettivo corpo.
È così: riusciamo a raggiungere un luogo solo quando arriviamo davvero e siamo presenti, al di fuori del pensiero, pienamente in noi con tutti i sensi. Forse è qui che sta la continua frammentazione, i problemi, la confusione del genere di vita che facciamo. In fin dei conti riusciamo alla fine di tutte le nostre esplorazioni ad arrivare là da dove eravamo partiti e conoscere il luogo per la prima volta? Sentiamo cosa dice T.S. Eliot
[box] Non smetteremo di esplorare e la fine di tutte le nostre esplorazioni sarà arrivare là da dove eravamo partiti e conoscere il luogo per la prima volta. Attraversiamo il varco ignoto ma che poi ricordiamo quando l’ultima terra che resta da conoscere è quella in cui eravamo da principio; alla sorgente del fiume più lungo la voce della cascata nascosta e i bambini fra i rami del melo non conosciuti, perchè non cercati, ma uditi, intrasentiti, nella quiete che c’è fra un’onda del mare e quella dopo. T.S.Eliot, da Lieve vertigine in Quattro quartetti[/box]
Jon Kabat Zinn Riprendere i sensi
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