Lokah Samastah Sukhino Bhavantu
‘May all beings be happy and free, and may the thoughts, words and actions of my own life contribute in some way to that happiness and freedom for all.’
“Che tutti gli esseri viventi possano essere felici e liberi, e possano i pensieri, le parole e le azioni della mia vita contribuire in qualche modo a questa felicità e libertà per ciascuno”
Yoga è Unione
le classi sono sospese, la stessa parola Yoga, nella sua traduzione principale “unione”, ce lo chiede. Nonostante il gruppo che conduco sia piccolo e la distanza di un metro fosse possibile, c’era uno stridore nel tenere aperta la porta dello studio. A stridere non è il sentirsi clandestini, ma una mancanza di rispetto verso coloro che in questo momento sono più coinvolti di noi o, adesso direi, solo più vicini di noi – perché coinvolti lo siamo tutti- nella lotta a questo virus.
Impariamo da ciò che c’è
La pratica che ci propone la vita in questi giorni è provare a stare in questo momento, con cuore e mente aperti, sospendendo il giudizio, sospendendo il cercare risposte, conferme sulla veridicità o meno di ciò che ci sta accadendo, e ascoltare quello che muove il nostro cuore. Mi piacerebbe preparare una pratica online, sarà una sfida dei prossimi giorni, ma per il momento mi trovo a riconoscere di essere paralizzata anche io dalla paura.
La storia della mia paura
Nella mia vita la paura “non è esistita” fino all’Agosto 2008, quando al termine della mia prima sessione di psicodramma da protagonista, il mio alter ego, Peter un viennese di cui ricordo la dolcezza e il trasporto con cui mi ha fatto danzare, mi ha detto “Non avere paura di avere paura”. Quelle parole venivano dal mio cuore, l’alter ego ripete ciò che tu dici in quel momento, e quelle parole sono state l’inizio di un viaggio alla scoperta di me. Ho aperto con quelle parole un varco nel mio Se’ indistruttibile, in cui solo forza, coraggio, sacrificio, dovere, capacità, perfezione, erano lecite, tutto il resto ben stipato nel famoso vaso di Pandora.
Il riconoscimento della paura nel mio cuore, che fino a quel giorno e ancora per molto tempo dopo, non aveva alfabeto per esprimersi ed essere riconosciuta, mi ha portato alla pratica, Yoga prima e meditazione poi. Oggi le sono grata, ma non è stato facile arrivare a sentirla davvero, l’avevo nascosta molto bene e solo l’aprirsi del corpo mi ha permesso di accedervi. La paura aveva ed ha ancora un luogo nel mio corpo, ieri l’ho sentita nuovamente arrivare, era lì nella parte alta del petto e nella testa e per la prima volta ho sentito l’intensità: la sua qualità di paralisi. Il pensiero di dovermi muovere l’indomani per andare al lavoro mi terrorizzava.
Rimanere connessi
Il mio tentativo di stare all’appuntamento che ci siamo dati con voi, alla stessa ora in cui di solito iniziamo la nostra pratica, è stato difficile, sentire la paura e dargli questo nome esatto, senza sconti, non è stato semplice. Sono contenta di averlo fatto, e assurdo o no, sono grata di sentirla, riconoscerla, chiamarla per nome. Così stamattina si è sciolta un po’ la paralisi e le cose di ogni giorno sembrano avere una nuova preziosità. Ho scelto di seguire ciò che sento e non andare al lavoro.
Ieri ho passato la giornata a farmi trasportare dalle notizie ogni volta in uno spazio di terrore, oggi, come suggerisce Nicoletta Cinotti nel suo bellissimo articolo https://www.nicolettacinotti.net/venire-fuori-andare-fuori-stare-dentro-andare-dentro/ scelgo quando e come dedicarmi all’informazione. Non è un invito a negare, anzi, è un invito a sentire e sentirsi, ad agire anzichè reagire.
Oggi scelgo di usare le parole con consapevolezza, le parole costruiscono la nostra realtà e perciò scelgo di dedicare lo stesso spazio e peso alle parole che dicono la bellezza, la semplicità di ciò che vivo nel mio quotidiano e alle parole che dicono la paura, la morte, la fatica di questi giorni.
Namastè
Pensando ad un mantra da ripetere per tenere la mente chiara, mi è venuto in mente in realtà un saluto “Namastè”. Lo sto masticando da giorni, quasi sperando in un illuminazione
“la luce divina che è in me onora la luce divina che è in te”
Ma non sarà l’illuminazione a salvarci, bensì la compassione, il sentire profondamente nel cuore e nel corpo questa verità, al di là di ogni religione e credo.
Suggerimenti per una piccola pratica
La pratica Yoga di questi giorni sospesi è la pratica dell’aprire il cuore, del rimanere con la mente cuore connessa ai suoni del mondo, del sentirsi. E’ più difficile praticare, non perché manchi il tempo, ma perché irrequieti o al contrario più pigri del solito.
Proviamo a srotolare il tappetino, a sentire aria di casa e muoviamo il nostro corpo nelle direzioni in cui sentiamo ha più necessità di portare flessibilità dove c’è rigidità e forza dove c’è morbidezza.
Possiamo partire dal movimento del gatto
e poi cane a faccia in giù
Sentiamo le gambe e iniziamo una serie di saluti al sole, senza preoccuparci troppo della sequenza, seguiamo con fiducia la memoria del corpo.
Possiamo terminare con una posizione Yin, utilizzando un mattoncino, un cuscino o un vocabolario tra le scapole, le ginocchia aperte e le piante dei piedi uniti, lasciando la testa reclinata all’indietro o appoggiata su un cuscino.
Se abbiamo bisogno di raccoglimento possiamo passare dalla posizione del bambino prima di praticare Savasana o farlo a pancia in giù, in modo da sentire il contatto con tra terra e cuore.
Dedichiamo poi qualche momento per respirare gratitudine per esserci dedicati questo piccolo tempo di pratica e inchinando la testa verso le mani in preghiera al centro del petto, ripetiamo Namastè, una o più volte, finché non sentiamo che è ben radicato nel corpo e il suo significato è profondo.
Equilibrare il corpo ci aiuterà ad equilibrare la nostra mente.
Vi abbraccio da lontano e ringrazio per avermi letto, scrivere mi ha fatto ancora una volta, fare pace con la mia paura e permesso di darle il suo spazio, non tutto lo spazio.
A presto!