
Dentro di noi, molto spesso, c’è una voce. Una sorta di commentario all’esperienza. A volte ci fa compagnia. Altre volte ci tormenta. Alla fine ciò che accade deve andare bene a questo commentatore.
Il problema è il volume di questa voce. Perché, quando ci rimprovera, anche se silenziosa, diventa un urlo che paralizza. Domenica ho visto un bambino che stava giocando. E infilandosi con allegria in una pozzanghera. È arrivato un urlo primordiale da parte della madre che lo invitava ad uscire da lì come se si fosse appena infilato in un pericolo mortale. Quella voce mi ha ricordato la nostra voce interiore, quando ci critica. Non si limita a dire non va bene. Fa di più: urla che non va bene.
E la risposta del corpo è simile a quella del bambino: si è paralizzato. Ha tirato su le spalle per trattenersi e in pochi secondi è scoppiato a piangere. Quel grido era davvero troppo forte.
La nostra anima è così. È come un animale selvatico. Se aspetti, silenziosamente, senza agitarti troppo, sbuca dal folto della foresta in cui vive e ti porta in dono meravigliose intuizioni, indicazioni di strada, svolte da percorrere. Senza fare troppo clamore compare, durante la pratica seduta o nei momenti di presenza. Risponde alle tue domande prima che diventino dubbi. Se invece urli, ti agiti e sbraiti, rimane nascosta, protetta dal folto della foresta, nelle profondità della nostra psiche. Ha paura a mostrarsi e allora i nostri pensieri si trasformano in dubbi. In domande incessanti alle quali cerchiamo una risposta esterna. mentre invece si tratterebbe solo di fermarsi, stare immobili e ascoltare. Prima o poi la nostra anima si mostra, ci regala una intuizione. Che possiamo trasformare in una intenzione di crescita. Semplicemente praticando l’ascolto.
come un animale selvatico l’anima è forte, resiliente, esperta e autosufficiente. sa come sopravvivere in luoghi difficili. Ho imparato tutto questo nei periodi neri della depressione. In quella oscurità mortale sembrava che le mie capacità fossero collassate; il mio intelletto inutile; le mie emozioni morte. La mia volontà impotente, il mio ego scosso dalle fondamenta. Ma di tanto in tanto, nella profondità del mio deserto interiore potevo intravedere, intrasentire la presenza di qualcosa che sapeva indicarmi come rimanere vivo quando il resto di me voleva morire. Qualcosa che era la mia anima forte e tenace. Parker J. Palmer
Pratica di mindfulness: Centering meditation
Poesia del giorno: Qualche parola sull’anima
© Nicoletta Cinotti 2017 Mettere le intenzioni Foto di ©Valasquez
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