La nostra ricerca personale è spesso orientata al conoscere qualcosa di noi che ci sfugge. Forse l’intenzione è quella di raccogliere un senso di rotondità e pienezza. Il motore è la sensazione di non conoscere qualcosa d’importante: senza questa sensazione rimarremmo, probabilmente, immoti.
Così, malgrado la nostra ossessione per la completezza, per la ricchezza, per la pienezza, è inevitabile riconoscere che è il senso di vuoto che ci muove e ci scuote dal nostro torpore.
La stessa cosa avviene nelle relazioni: nel momento in cui stabiliamo il contatto ci accorgiamo anche che tocchiamo la differenza che esiste tra noi e l’altro. Proprio perché ci siamo avvicinati tanto da sentirlo, possiamo scoprire che siamo diversi. Se sopravvalutiamo questo senso di diversità rischiamo di aumentare la sensazione di solitudine, isolamento e noia anziché il piacere della connessione.
Vuoto e pieno, presenza e assenza, vicinanza e diversità sono sempre integrate tra di noi. Anche se la nostra mente, per amore di chiarezza, vorrebbe separare ciò che nasce unito.
L’idea che il sapere, il conoscere nascano dalla divisione, dalla separazione – che possa esistere un corpo “isolato e inerte”- è la stessa che ha separato il corpo dalla mente per poterlo conoscere e ci ha reso così macchine anziché esseri umani.
Come pensatori illuminati separiamo, purifichiamo e opponiamo per amore della chiarezza. Cosa succederebbe se percorressimo un sentiero diverso e mischiassimo, contaminassimo e unissimo per amore della complessità? Francisco Varela
Pratica di Mindfulness: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2015
Foto di ©Enrico Lo Storto
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