
Hai presente quella sensazione di struggimento allo stomaco che ti prende quando ti accorgi di aver fatto soffrire qualcuno? È come un sobbalzo che improvvisamente riporta il dolore al suo posto, nelle viscere, e riporta la distanza tra noi e l’altro a zero: siamo vicini e soffriamo per aver fatto soffrire, senza distinzione tra il nostro e l’altrui dolore.
Quella sensazione – che si chiama. rimorso – morde due volte, una volta la persona a cui hai causato una sofferenza e la seconda volta morde te, a volte con ancora maggiore intensità del primo morso perché, almeno potenzialmente, potevi evitarlo. Potenzialmente potevi evitarlo è la frase d’aggancio, lo scalino che, dopo questo primo nobile sentimento – il rimorso da cui nascerà poi la compassione e la self compassion – ti porta direttamente nel regno dei se e del senso di colpa. Se avessi fatto…, se avessi detto…, se solo avessi saputo…, se solo avessi creduto…frasi che servono a fare un’ipotesi irrealizzabile: cambiare il passato e cambiare le nostre azioni nel passato.
Quando entriamo in quell’area, quella dove monarca democratico è il senso di colpa, esprimiamo una forma sottile e indiretta di egoismo: sono deluso/delusa da me stessa. Mi sarei aspettata qualcosa di migliore. Il dolore non è più vicino e in sintonia con l’altro ma è rivolto a sé stessi per la perdita di fiducia nella propria immagine di perfezione, adeguatezza, capacità. Se il rimorso spinge all’azione riparatrice e lascia poi liberi di andare avanti, il senso di colpa non lo permette. Il senso di colpa è come mordere, masticare ma non deglutire e pretendere che il cibo ti nutra lo stesso. Fa parte delle macchie indelebili che alterano per sempre l’immagine immacolata di noi che vorremmo avere e che, invece, si frange contro la realtà. Il senso di colpa non ha azioni riparatrice: ha azioni compensatrici che lasciano vittima e colpevole incatenati al luogo del delitto, in un reciproco tormento e in una reciproca dipendenza. Non ha nemmeno assoluzioni: ho visto moltissime persone che, dopo essere state assolte in confessione per i loro peccati, non riuscivano comunque a perdonarsi come se il loro giudizio fosse superiore a quello del Signore. Dio ci fece a sua immagine e somiglianza non perché ci fece perfetti ma perchè ci fece perfettamente in grado di perdonare e amare senza condizioni. Quando ci sentiamo in colpa con superbia non ci perdoniamo la fallibilità che ci rende così distanti dall’immagine ideale di noi che vorremmo coltivare. Se dal rimorso nascono due emozioni risanatrici come la compassione e la self-compassion dal senso di colpa nascono vergogna e segreto, anche quelle favoriscono la macerazione. Non a caso il rum fu inventato dagli schiavi.
4) Non essere crudele col cuore degli altri. Non tollerare la gente che è crudele col tuo. Mary Schmich
Pratica di mindfulness: Self compassion breathing
© Nicoletta Cinotti 2021 Mindfulness ed emozioni