
Alle elementari impariamo a leggere, alle scuole medie impariamo a studiare. All’Università impariamo a costruire una mappa della conoscenza e, almeno in teoria, ogni esame è un punto della nostra rete di conoscenza, uno di quei nodi che uniscono insieme i riquadri di una rete.
Poi c’è una lettura – che rientra nello stile della mappa della conoscenza – che è destinata a comprendere il sistema di pensiero che sta dietro un autore. Prendi un autore che ami, per esempio Lidia Yuknavich, e ti metti a leggere gli autori che ama e che cita.
Così sono arrivata a “Antropologia dell’acqua” di Anne Carson. Un’autrice di cui conoscevo le poesie ma non la narrativa. Anne Carson è una sperimentatrice del linguaggio che unisce stile narrativo e stile poetico e in questo libro “Antropologia dell’acqua”, riesce a farlo a partire dalla metafora del pellegrinaggio, nel diario del viaggio verso Santiago di Compostela. È una scrittura così lieve e cosi fluida che davvero capisci che c’è una natura liquida nel linguaggio. Mi colpisce la differenza con la narrazione di Paulo Coelho, che affronta lo stesso percorso ne “Il cammino di Santiago” ma di lui senti i piedi che calpestano il terreno. Di lei senti un’anima che viaggia leggera. A maggior riprova del fatto che, qualsiasi viaggiatore, rende unico il viaggio. In fondo facciamo tutti lo stesso viaggio ma lo rendiamo unico anche attraverso il linguaggio con cui lo raccontiamo.
I pellegrini erano persone che cercavano di non disturbare gli abitanti del posto. I pellegrini erano persone che portavano coltelli ma raramente trovavano il modo di usarli. I pellegrini erano persone che usavano il verbo giusto. I pellegrini erano persone cortesi. Anne Carson
© Nicoletta Cinotti 2023 Addomesticare pensieri selvatici