
Qualche giorno fa ho ricevuto una mail diversa dalle altre. Questa persona non scriveva per i consueti auguri di Natale. Mi diceva che trovava il Natale falso e fittizio lo scambio di auguri e che non vedeva l’ora che tutto finisse. Nelle sue parole c’era una qualità di irritazione e, sotto il fastidio, si intravedeva qualcosa di doloroso.
Forse potremmo dire che oggi è tutto finito oppure no ma quella mail mi ha colpito.
So che molte persone hanno vissuto momenti in cui il Natale è sembrato una vuota festa consumistica. O che, a Natale, hanno vissuto con più fatica la giornata perché questo giorno può essere una terribile cartina di tornasole di ciò che manca, di ciò che non abbiamo. E le differenza tra noi e gli altri diventare più acuta. Non tutti i miei Natali sono stati facili. Per cui quando ho letto la mail non ho potuto fare a meno di domandarmi se ero stata insensibile nei confronti della difficoltà del Natale. Se avevo contribuito a far sentire qualcuno escluso.
Il dolore più grande può essere proprio questo: sentirti escluso da una gioia che vedi negli altri. Da un senso di unione e appartenenza che sembra non riguardarti. È questo che può farci attribuire non autenticità ai sentimenti degli altri: il fatto che non li condividiamo. Perché solo chi lo prova può sapere se un sentimento è autentico. Gli altri possono sentirsi inclusi o esclusi. Quello che fa la differenza è se ciò che proviamo può far sentire incluso anche chi prova qualcosa di diverso. Perché il cemento che tiene insieme le cose è proprio il senso della condivisione. Nel momento in cui non condividiamo iniziamo un processo di differenziazione che può essere salutare ma che non è mai privo di inquietudine. Perché essere se stessi ci rivela al mondo e, rivelandoci, ci espone. Diventiamo diversi oppure, unici.
Giovani o vecchi, tutti noi abbiamo bisogno di una amorevole connessione con gli altri che sostenga la vitalità e l’entusiasmo. Alexander Lowen
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2018 Scrivere la mente