
La casa dove tengo i ritiri è al limitare di un bosco, molto fertile per i funghi. Poco distante abitava un signore, una di quelle persone dell’entroterra ligure, difficili da descrivere se non dicendo che era piuttosto chiuso e ostinato. Un uomo con un forte senso della proprietà.
Francamente non so se il bosco circostante gli appartenesse ma lui era certo che fosse così e che, quindi, anche i prodotti del bosco fossero suoi. Per questa ragione tagliava, con chirurgica precisione, le gomme di chi parcheggiava nei dintorni per andare a funghi. Non le gomme delle persone del posto. No, le loro macchine erano salve. Quelle dei “foresti” che venivano a turbare la zona. Anche noi della casa di ritiri eravamo salvi perché, lui diceva, io sono uno rispettoso. Non coglieva l’evidente contraddizione tra tagliare le gomme ed essere rispettoso. Non la coglieva perché aveva, a modo suo, un fortissimo senso dei confini. Soprattutto di quello che è giusto e sbagliato.
Peccato che fosse lui il depositario del confine di giusto o sbagliato. Questo signore potrebbe sembrare molto diverso da noi, evoluti cittadini. Non lo è. Anche noi ci arroghiamo il diritto di stabilire le regole, di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Di intervenire sulla base del nostro senso dei confini, senza domandarci se, per caso, abbiamo un confine troppo ampio rispetto alla nostra persona. Se, per caso, non finiamo per considerare nostro anche lo spazio dell’altro e la sua autonomia. Anche noi, a volte, vorremmo dettare le regole di quello che si può o non si può fare sulla base del nostro fatidico senso di giustizia.
Peccato che il senso di giustizia dimentichi, molto spesso, il senso della relazione. Dimentichi i sentimenti di chi, a nostro parere, viola il nostro criterio. Peccato che, anche noi, vedendo che la macchina davanti a noi parcheggia, pensiamo “mi ha preso il posto” anziché “era prima di me”.
Così, dovete sempre ricordare che tutte le colorazioni tipo “io”, “me”, “mio”, sono semplici correnti del pensiero che posso influire negativamente sullo stato d’animo e sulla precisione dell’esperienza diretta. Rammentarsene mantiene vitale la pratica proprio nel momento in cui ne abbiamo più bisogno e siamo più disposti a contravvenire. Jon Kabat Zinn
Pratica di mindfulness: La meditazione del fiume
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Molto interessante quello che proponi, sempre testi che invitano a profonde riflessioni. Complimenti