
Ho avuto in dono per molti anni una memoria formidabile. Quasi fastidiosa. Ricordavo tutto, anche particolari assolutamente insignificanti. A volte ero disturbata dal mio ricordare. Le persone mi guardavano come se fossi un’aliena: loro non ricordavano e facilmente pensavano che raccontassi delle bugie. Invece ero solo sovraffollata da tanti ricordi. Non tutti belli. Ricordi che alimentavano grandi processi di pensiero. Grandi non perché geniali ma perché lunghissimi.
Amo molto quella che Kabat Zinn chiama “la disciplina della memoria”. Non ha il significato di ricordare come memoria biografica. Ha piuttosto il significato del tornare continuamente presenti al nostro oggetto d’attenzione, del non farsi distrarre dai nostri giudizi, per ricordarsi la consapevolezza e la presenza.
Io avevo tanta memoria ma non tanta “disciplina della memoria”. Eppure accorgermene non era un errore da punire. Come dice Jon “quando ci accorgiamo di essere distratti congratuliamoci con noi stessi perché questo è il momento in cui siamo tornati presenti”. Questo è un aspetto del non giudizio: non c’è nulla di sbagliato, ci sono solo esperienze dalle quali possiamo imparare. Moltissimo. In fondo giudicare è smettere di imparare. Abbiamo dato un’etichetta. Sospendere il giudizio è rendere il processo di apprendimento un atto continuo. E l’errore un momento di apprendimento.
Sospendere il giudizio è un’esercizio di intelligenza e di gentilezza.
L’intelligenza la esercitiamo esplorando e la gentilezza avendo la pazienza di continuare ad esplorare senza arrivare a conclusioni frettolose. Tratto da Destinazione Mindfulness 56 giorni per la felicità
Pratica di mindfulness: La consapevolezza del corpo
© Nicoletta Cinotti 2017 Verso un’accettazione radicale
Lascia un commento