
Quando parliamo di accettazione si apre un mondo di risposte che vanno dà “non è possibile accettare quello che mi è successo” – detto con aria tra il rassegnato e l’iroso – a “ma io accetto tutto però…“. Le persone con le quali è più difficile parlare di accettazione sono quelle convinte di aver già capito tutto. Io, invece, non ho capito che qualche bagliore e quindi torno spesso su questo tema perché, qua e là, mi sembra di trovare perle nuove e brillanti.
La perla di questa settimana riguarda la relazione tra accettazione e flessibilità. Cos’è in fondo che ci rende difficile accettare qualcosa che è già successo e che, proprio per questa ragione, non possiamo che accettare? La nostra inflessibilità psicologica che ci fa credere che qualcosa possa cambiare solo perchè noi non lo vogliamo. Immaginiamo che l’inflessibilità sia un cristallo, ogni punta del cristallo un aspetto della nostra inflessibilità. La prima punta riguarda il credere di sapere quello che accadrà nel futuro sulla base di quello che è successo nel passato. Sappiamo che raramente è giusto ma noi ne siamo convinti lo stesso. Al polo opposto troviamo l’eccessiva identificazione in ruoli rigidi che possono andare dal “non chiedo mai…” a “io non sono così..” qualsiasi sia il ruolo con il quale tendiamo ad identificarci. Va insieme al credere alla verità di tutti i nostri pensieri, al fonderci con qualsiasi pensiero ci passi per la testa come se fossero verità scritte sul retro della Tavola dei Dieci Comandamenti (quelle note scritte in piccolissimo delle assicurazioni che riportano le informazioni più importanti sono simili. Solo che noi le applichiamo ai pensieri). Per questa ragione – e per non correre il rischio di diventare flessibili – evitiamo tutte le esperienze che temiamo o che ci metterebbero nella posizione di dover cambiare. Lo facciamo con un mix letale tra inattività, impulsività ed evitamento vero e proprio. In una stessa giornata possiamo passare dall’una all’altra senza nemmeno rendercene conto, più volte. E ogni volta giustifichiamo tutto questo con i nostri valori. Valori che non vediamo chiarissimamente ma a cui ci appelliamo con assoluta forza.
Visto così il quadro credo che sia facile intuire perché penso che sia meglio passare dal corpo: anche il più rigido dei muscoli con la cura e l’attenzione ripetuta si ammorbidisce. Anche la più bloccata delle articolazioni ha straordinari margini di recupero. E, a quel punto, quando qualcosa di nuovo si è aperto nel corpo anche la mente si ammorbidisce. Lo fa nel punto di minor attrito ma basta che cambi nel punto di minor attrito perché tutti gli altri aspetti del diamante della nostra inflessibilità mostrino una luce diversa.
Non giudicare ciascun giorno in base al raccolto che hai ottenuto, ma dai semi che hai piantato. Robert Louis Stevenson
Pratica del giorno: La classe del mattino
© Nicoletta Cinotti 2019 Scrivere la mente
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