
Essere flessibili, saper accogliere le sfide e i cambiamenti a cui siamo quotidianamente chiamati è ciò che ha permesso la nostra crescita e l’apprendimento nel corso della nostra vita. La flessibilità è una grande qualità che diventa un ostacolo se non è accompagnata da una struttura di personalità. In questi casi la flessibilità diventa accondiscendenza e tutti gli stimoli acquistano la forza di trascinarci.
Avere un eccesso di struttura diventa un problema però quando siamo chiamati al cambiamento e alla crescita. La struttura ci appesantisce e rende la nostra possibilità di trasformazione più rigida e meno adeguata alla sfida che ci troviamo davanti.
Questa tensione tra struttura e flessibilità non è casuale: è il frutto delle nostre difese che si organizzano attorno a due poli estremi. Da una parte l’accondiscendenza, dall’altra la ribellione. Da una parte la disorganizzazione, dall’altra la rigidità.
Questi aspetti non hanno solo un’espressione fisica ma anche mentale. Il vuoto, che pratichiamo con la mindfulness e con la bioenergetica, si colloca al cuore di questo nucleo primario e, goccia dopo goccia, riporta vitalità dove c’era stasi, flessibilità dove c’era rigidità.
Il vuoto del tempo libero diventa prezioso per accordare, affinare e sintonizzare la musica della nostra autoregolazione.
“C’è un processo di cambiamento che avviene dall’interno, e non richiede sforzi coscienti. E’ chiamato crescita e migliora l’essere. Non è qualcosa che si può fare: quindi non è una funzione dell’Io, ma del corpo”. A. Lowen
Pratica del giorno: La consapevolezza del respiro
© Nicoletta Cinotti 2014 Mindfulness ed emozioni
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